Precursori dell’ecumenismo

card-leonardo-sandridi NICOLETTA BORGIA

Novità di linguaggio e autenticità di vita: quel binomio che aveva orien-tato l’azione missionaria di Cirillo e Metodio viene autorevolmente richiamato, in tutta la sua gravità e urgenza, dal recente magistero pontificio.
In occasione del convegno romano il nostro giornale ha incon-trato il cardinale prefetto della Con-gregazione per le Chiese Orientali, Leonardo Sandri.

Dall’enciclica Slavorum apostoli del 1985 alle celebrazioni del 2013. Quali elementi, soprattutto da un punto di vista accademico, le sembra opportuno sottolineare?
Rivolgo in particolare agli studenti l’esortazione a rileggere e a meditare con gratitudine due documenti magistrali del beato pontefice slavo Giovanni Paolo II. La lettera apostolica Egregiae virtutiscon cui il Papa proclamò i santi Cirillo (827-869) e Metodio (815-885), in virtù dei loro straordinari meriti, compatroni d’Europa assieme a san Benedetto. E l’enciclica Slavorum apostoli, nell’undicesimo centenario della morte di san Metodio (885). Se un tempo i due fratelli, oriundi di Tes-salonica, venivano celebrati soprat-tutto come “apostoli degli Slavi”, oggi, dopo la pubblicazione di que-sta lettera, si tende a privilegiare l’importanza spirituale della loro opera in favore dell’intera Europa. Meditare i caratteri comuni e quelli peculiari assunti nel corso del tempo dalla propria fede e dalla propria cultura, con lo sviluppo vitale e or-ganico della tradizione specifica di ciascun popolo: mi sembra che que-sta sia una premessa solida sulla quale anche gli studenti, nel loro ruolo, possono fondare con realismo la ricerca di una più concorde e ar-monica convivenza tra le varie na-zioni d’Europa da cui essi proven-gono.

Cirillo e Metodio intuirono l’importanza del multilinguismo al servizio della missione. Quale insegnamento per la Chiesa di oggi?
La grande intuizione di Cirillo e Metodio fu di aiutare i popoli slavi da loro evangelizzati a lodare Dio nella propria lingua e nel rispetto delle proprie caratteristiche culturali, insistendo al tempo stesso sull’unità tra tutti i cristiani, di Oriente e Oc-cidente, nell’unica e universale Chie-sa di Cristo. Cirillo accettò di diri-gere la missione in Moravia a condi-zione di poter realizzare il suo pro-getto di tradurre le Sacre Scritture in lingua slava. Nell’organizzare il proprio lavoro di missionario appro-dò alla lungimirante e nobile consi-derazione che la Parola di Dio, per agire, dovesse essere predicata e spiegata in una lingua comprensibile agli uditori, cioè nella loro stessa lingua. Il loro è ancora oggi un invi-to a una visione dinamica della cattolicità, come sinfonia delle varie liturgie in tutte le lingue del mondo, come coro armonioso di voci e mo-duli diversi. Lo spirito profonda-mente umanista e universalista della loro missione è suscettibile di risco-perte e fecondo di ulteriori appro-fondimenti.

Si può parlare di superamento dei confini culturali e geografici per la costruzione dell’identità del cristiano?
Il cristiano costruisce la propria identità unitaria giorno per giorno e ovunque, superando non solo i con-fini culturali e geografici, ma anche le differenze di ceto sociale. Cirillo, professore di filosofia ma anche pro-fondo conoscitore della Sacra Scrit-tura, sottolineava l’idea che l’uomo può arrivare a una somiglianza con Dio per mezzo delle proprie azioni, sosteneva che il cammino della sal-vezza si percorre nel compimento dei compiti affidati all’uomo nel no-me del Signore. Ne deriva la neces-sità del superamento di ogni forma di divisione e del rispetto dovuto al-la cultura di ogni nazione, «affinché gli altri Paesi, vedendo ciò, seguano il nostro esempio» (Vita di Cirillo).

1.150 anni fa, all’inizio della missione comparivano le prime tracce di quel profetismo ecumenico, oggi “fonte” del dialogo ecumenico…
Già dal IX secolo i due poli prin-cipali della cristianità, Roma e Co-stantinopoli, erano spiritualmente lontani: i dibattiti su questioni eccle-siastiche e teologiche rendevano sempre più difficili i rapporti reci-proci. L’opera di apostolato in lin-gua slava dei dotti e santi fratelli Ci-rillo e Metodio apriva agli Slavi l’accesso alla comunità delle nazioni cristiane e collegava armonicamente Roma e Costantinopoli. Essi svolse-ro infatti il loro servizio missionario in unione sia con la Chiesa di Co-stantinopoli, dalla quale erano stati inviati, sia con la Sede Apostolica, dalla quale ricevettero sempre ap-poggio e sostegno, manifestando co-sì l’unità di una Chiesa che di lì a poco avrebbe conosciuto la dolorosa ferita della divisione tra Oriente e Occidente. Nella lettera apostolica Magnifici eventus(11 maggio 1963) il beato Giovanni XXIIIli definì «co-lonne sante di unità». Sono autenti-ci precursori dell’ecumenismo, per-ché lavorarono al servizio dell’unità e della pienezza multiforme della Chiesa, incarnando essi stessi lo spi-rito della Chiesa originale indivisa.

Alla luce di ciò quale il ruolo del Pon-tificio Istituto Orientale?
La comunità accademica coopera con straordinaria efficacia a una rin-novata e approfondita conoscenza, oltreché al culto, dei due grandi e singolari apostoli. L’ardore e l’entu-siasmo creativo con cui essi intrapre-sero questo compito rappresentano un modello per affrontare oggi, nell’Anno della fede, la sfida di una nuova evangelizzazione sapiente-mente inculturata nelle comunità di uomini e donne sparsi nel mondo.

© Osservatore Romano - 27 febbraio 2013