La fede che rende liberi

"Non contarci per morti, noi siamo vivi:  Kite non è caduta, si è nascosta". L'antica leggenda russa dell'invisibile città di Kite che, sommersa dalle acque, sarebbe rimasta nascosta fino alla fine dei tempi, è il simbolo dell'intima santità della Russia, che continua a esistere e a resistere a dispetto di tutti. Ed è il simbolo che nel 1979 l'allora poco più che ventenne Giovanna Parravicini - oggi direttrice dell'edizione russa de "La Nuova Europa" - appena arrivata a Mosca impara a conoscere. "La pomposa capitale sovietica dove l'ideologia si metteva in mostra a ogni passo era solo un involucro, un'orribile messinscena. La vera Russia era quella nascosta, sotterranea; una terra di testimoni vissuti nel passato e che continuavano a esistere anche ora". Adesso la Parravicini racconta (Liberi. Storie e testimonianze dalla Russia, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2008, pagine 176, euro 9) la storia di alcuni di questi testimoni - sette dei quali conosciuti personalmente - presentando il miracolo della resistenza dell'"io" di fronte alla violenza del potere e dell'ideologia comunista, fino ad arrivare a una compiutezza di umanità, di fede e di libertà, e alla rinascita di intere comunità. Sono storie di persone diverse che hanno vissuto in contesti sociali e culturali differenti, ma accomunati da un unico "fatto" accaduto alla loro esistenza:  un "incontro" che colma la vita e la rende degna di essere vissuta, perfino in un lager.
Apre la galleria di ritratti la figura di padre Aleksandr Men'. Il sacerdote ortodosso è stato l'autore di numerosi libri che, pubblicati in Occidente, circolavano clandestinamente in Russia in decine di migliaia di copie. A causa della sua fede religiosa, negli anni Ottanta del secolo scorso veniva convocato quotidianamente dal Kgb. Osteggiato, riesce tuttavia a creare un movimento di persone "libere" e a battezzarne a migliaia. Finisce per essere ammazzato con un'ascia, mentre si reca a celebrare messa.
Un altro personaggio davvero emblematico è la scrittrice Evgenija Ginzburg, una "comunista convinta che finisce nel "tritacarne" del sistema". Nel lager Evgenija ha a che fare con la crudeltà e l'assurda violenza dell'ideologia che tentano di schiacciare la dignità della persona. Eppure, "la prigione è veramente un "luogo di rieducazione" (...) nel senso di ritorno alla realtà, senza le storture, le mostruosità dell'ideologia". Il fatto decisivo è l'incontro con un medico cattolico, che "aveva vissuto tutti gli orrori del lager, aveva svolto i lavori più pesanti in miniera, aveva perso la vista da un occhio, eppure aveva conservato un'indomabile letizia". Questo incontro provoca in lei un cambiamento, che la condurrà a ricevere il Battesimo.
Le altre storie - commovente quella della pianista Marija Judina - sono come "tasselli del grande affresco della rinascita dell'io", con cui anche le piccole storie di Russia Cristiana e di Comunione e Liberazione in Russia si sono intrecciate in questi anni.

(©L'Osservatore Romano - 1 gennaio 2009)