Iniziative di solidarietà in parrocchie e scuole cattoliche per fronteggiare la crisi in Libano. Uniti nell’emergenza L'Osservatore Romano

libano OBJ107968693 1.jpg fdetail 558h720w1280pfhwda5ff22Chi dona metano per il riscaldamento a coloro che non hanno soldi sufficienti per comprarlo, chi (come medici e avvocati) esercita gratuitamente la propria professione, chi organizza in diverse aree del paese banchi alimentari e farmaceutici che raccolgono cibo e medicine per ridistribuirli alle famiglie ridotte sul lastrico: sono solo alcune delle azioni di solidarietà spontanea che in Libano si susseguono in questo periodo di crisi politico-economica per portare un po’ di sollievo a coloro che ne soffrono maggiormente gli effetti.
Un negoziante di generi alimentari a Nabatieh, nel sud del paese, a esempio, ha esposto un cartello dove si invita chiunque versi nel bisogno a non vergognarsi di entrare e prendere tutto quello che serve a sfamare la propria famiglia, «perché Dio ha cura di te e di me».
Nelle ultime settimane non sono mancati gesti drammatici: un padre di famiglia, ad Arsal, si è suicidato per non aver potuto più provvedere ai bisogni della figlia in seguito all’indebitamento per curare la moglie malata di cancro. Di fronte a una tale situazione di emergenza, la Chiesa è intervenuta attivando servizi assistenziali in varie aree del territorio avvalendosi del fondamentale contributo delle parrocchie, per le quali è stato istituito un comitato speciale per coordinare i programmi di aiuto. Quella di San Giovanni Battista a Beirut ha inaugurato, nei pressi di una struttura ospedaliera, un “frigorifero mobile” da cui vengono distribuite derrate deperibili di prima necessità mentre nella parrocchia di San Marone ad Haret Sakher, vicino ad Harissa, è stata attivata una raccolta di viveri e medicinali per aiutare i nuclei familiari più bisognosi. Anche gli istituti cattolici hanno preso parte all’ondata di solidarietà nonostante problemi significativi. Infatti i lunghi periodi caratterizzati da manifestazioni e blocchi stradali hanno prodotto i loro effetti anche sulle scuole, costrette a chiudere per molte settimane, aumentando sensibilmente i fattori di crisi: per recuperare le ore di lezione perdute è stata decisa la loro apertura anche per la vigilia di Natale. Il collegio Notre-Dame de Jamhour, diretto da padre Charbel Batour, ha diffuso un comunicato in cui si esortavano gli studenti a destinare a opere di carità i soldi tradizionalmente dedicati all’acquisto di regali di Natale, dando seguito alla sofferta decisione presa dal consiglio pastorale di ridurre le spese per le celebrazioni natalizie al fine di destinare il denaro risparmiato a indigenti e senzatetto.
È una vicinanza alla sofferenza che la Chiesa in Libano esprime anche nella preghiera. Da ottobre, per iniziativa del cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, nella chiesa della sede patriarcale di Bkerké viene recitato ogni giorno il rosario per invocare il dono della pace. La preghiera mariana è trasmessa in diretta dalla rete televisiva Nursat in tutta la nazione e viene seguita tramite i social dai libanesi sparsi nel mondo.
Secondo dati resi noti da Caritas Libano e commentati dal presidente dell’organismo, padre Paul Karam, la popolazione al di sotto della soglia di povertà, che prima del 2011 era del 6,5 per cento, ha ora raggiunto il 39,5 mentre i disoccupati sono aumentati dal 6 al 38 per cento. Il debito pubblico è uno dei più alti al mondo, pari a oltre il 150 per cento del prodotto interno lordo, con un salario minimo che non arriva a 300 euro mensili. «Dobbiamo cercare vie di dialogo per uscire presto da questa situazione nella quale possono infiltrarsi persone e gruppi che non vogliono il bene del paese», ha sottolineato il sacerdote. «Le strumentalizzazioni politiche e religiose di questa protesta popolare sono da evitare, ricordando sempre, come disse san Giovanni Paolo II nel marzo 2000 in occasione del suo viaggio in Terra Santa, che il Libano non è un paese ma un messaggio di convivenza e di solidarietà, un esempio di multiculturalità pacifica e libera. La comunità internazionale ci aiuti a restare questo “messaggio”».

L'Osservatore Romano, 27-28 dicembre 2019