Nessun privilegio fiscale per la Chiesa ortodossa

governo-chiesa-ortodossa-ateneATENE, 25. «La Chiesa ortodossa greca ha annunciato di aver pagato nel 2011 imposte per 12,5 milioni di euro, una cifra di cinque volte superiore a quella del 2010, rispondendo così alle critiche sui propri benefici fiscali in un Paese pesantemente colpito dalla crisi. «La Chiesa greca — si legge in un comunicato del sinodo — non ha mai chiesto di beneficiare di un regime fiscale diverso da quello di altre organizzazioni non a scopo di lucro». Secondo le autorità ecclesiali, tutti i monasteri, le parrocchie e le fondazioni hanno osservato «gli obblighi fiscali imposti dalla legge» e in particolare la tassa del 20 per cento sugli introiti lordi approvata nel 2010 all’inizio della crisi. L’opinione pubblica, in un Paese che al 90 per cento si dichiara ortodosso, ha espresso forti riserve sui benefici fiscali che vengono comunque concessi alla Chiesa, alla quale è stato risparmiato il pagamento dell’imposta immobiliare introdotta nel 2011 e riscossa attraverso le bollette elettriche. La notizia dell’approvazione del secondo piano di aiuti Ue, di 130 miliardi di euro, che si aggiungono ai 110 già stanziati in precedenza, non basta per ridare un po’ di sorriso al presidente della Conferenza episcopale greca e vescovo di Syros e Milos e di Santorini, monsignor Fragkiskos Papamanolis. «Il popolo — ha detto — non capisce ciò che sta accadendo. A seguire ciò che scrivono i giornali, radio e tv, a leggere i tanti siti internet, è impossibile comprendere veramente a fondo la situazione. Ma una cosa è certa: il popolo non ne può più e la miseria cresce. Ogni giorno incontro persone, padri di famiglia, lavoratori che vengono a chiedere aiuto ed è una pena non poterlo fare. Questa è la realtà. Anche come Chiesa cattolica siamo in difficoltà ». Difficoltà anche per pagare le tasse, che «raggiungono il 48,2 per cento dei nostri introiti che provengono solo dagli affitti degli immobili delle diocesi. Il piano di aiuti — ha aggiunto il vescovo — ci ha fatto perdere la nostra indipendenza. Ora, infatti, dovremo accettare una sorveglianza “rafforzata”, che prevede la presenza permanente di Ue, Bce e Fmi e l’inserimento nella Costituzione di una norma sulla priorità dei pagamenti del debito». Secondo il presule andrebbero tagliati i costi della politica. «Come si fa — ha concluso — a chiedere sacrifici al popolo? Le pensioni sono state tagliate, le bollette aumentano. E non saranno le elezioni a cambiare le sorti della politica. Ci aspettano anni difficili, duri. La miseria è impressionante. L’unica cosa che non ci hanno ancora tassato sono le preghiere. Ma la fede non si può tassare».

© Osservatore Romano - 25 febbraio 2012