È proprio della fede rispondere ai più poveri
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- Creato: 03 Luglio 2013
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ISTANBUL, 3. Il mondo della fede può rivelarsi un potente alleato nello sforzo di affrontare le questioni di giustizia sociale. Esso fornisce una prospettiva unica (non solo sociale, politica o economica) «sulla necessità di sradicare la povertà, di dare equilibrio a un mondo globalizzato, di combattere fondamentalismo e razzismo, così come di sviluppare la tolleranza religiosa in un mondo in conflitto. È proprio della religione, infatti, il ruolo di rispondere ai bisogni dei poveri e delle persone più vulnerabili ed emarginate».
In un’intervista all’Indep endent balkan news agency, il Patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, ribadisce come la religione sia probabilmente «la più pervasiva e potente forza sulla terra». Per questo le comunità ecclesiali «stanno mostrando di essere oggetto di rinnovato interesse e di attenzione nelle relazioni internazionali e nelle politiche globali che concernono direttamente i valori sociali e che hanno un impatto indiretto sulle politiche statali». Sia che si parli di ambiente o di pace, di povertà o di fame, di istruzione o di sanità, «c’è oggi — ha osservato il primate ortodosso — un senso di interesse e di responsabilità comune che è sentito con particolare acutezza sia da persone di fede sia da coloro che hanno una visione espressamente laica». Rispondendo a una domanda riguardante i Balcani, area frequentemente teatro di conflitti politici e religiosi, Bartolomeo ha spiegato che il Patriarcato ecumenico «possiede una prospettiva unica sulla tolleranza religiosa e sul dialogo tra le fedi, lavora per la riconciliazione fra le Chiese cristiane, per la consapevolezza ambientale e per la tutela delle risorse naturali, direttamente coinvolte e distrutte dalla guerra». Il riferimento è all’impegno svolto nel passato per riconciliare le comunità cattolica, musulmana e ortodossa nei Balcani. Un impegno che ha visto il Patriarcato in prima linea. Del resto — afferma l’arcivescovo di Costantinopoli — la sua funzione di «centro di eccellenza della vita di tutto il mondo ortodosso» ha origine dal suo secolare ministero di testimoniare, proteggere e divulgare la fede ortodossa. Proprio per questo il Patriarcato, organismo sovranazionale e sovraregionale, «ha un carattere veramente ecumenico. Da questa nobile consapevolezza e responsabilità per il popolo di Cristo, senza distinzione di razza e lingua, sono nate le nuove Chiese regionali d’Oriente, dal Caspio al Baltico, e dai Balcani all’Europa centrale. Questa ampiezza di giurisdizione si estende oggi all’Estremo oriente, all’America e all’Australia», ha detto, ribadendo che «abbiamo sempre avuto un posto speciale nella nostra preghiera per il popolo dei Balcani e nel nostro cuore per la sofferenza di persone innocenti e la morte ingiustificata di tanti bambini». Ma per aprire nuove prospettive, per liberare dall’oscurità, per superare risentimenti e ostilità, serve la forza della Risurrezione: «È un invito all’azione e alla compassione, ci spinge — si legge nell’intervista — a riflettere dove più profondamente sperimentiamo la disunione. Immagini di questa realtà abbondano attorno a noi. Il messaggio evangelico della Risurrezione è semplice eppure così radicale: siamo chiamati a resistere per amore dove persiste l’odio, a predicare dove abbonda l’ingiustizia, a insistere sul dialogo dove prevale la divisione. Sebbene sia più facile proclamare un Vangelo di potere e forza, dobbiamo continuare a incoraggiare la “conversazione” fra improbabili partner dalle provenienze radicalmente differenti (se cristiani, musulmani, ebrei o di altre confessioni), la “conservazione” delle risorse naturali (sia a fini di consumo, di sviluppo o di mera sopravvivenza) e la “conversione” delle nostre abitudini (nonostante riluttanze e resistenze). La Risurrezione — conclude Bartolomeo — non è semplicemente la manifestazione del potere di Dio; è soprattutto la rivelazione della nobiltà di ciascuno di noi». E «la vittoria sulla morte si trova in ognuno di noi».
© Osservatore Romano - 4 luglio 2013
In un’intervista all’Indep endent balkan news agency, il Patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, ribadisce come la religione sia probabilmente «la più pervasiva e potente forza sulla terra». Per questo le comunità ecclesiali «stanno mostrando di essere oggetto di rinnovato interesse e di attenzione nelle relazioni internazionali e nelle politiche globali che concernono direttamente i valori sociali e che hanno un impatto indiretto sulle politiche statali». Sia che si parli di ambiente o di pace, di povertà o di fame, di istruzione o di sanità, «c’è oggi — ha osservato il primate ortodosso — un senso di interesse e di responsabilità comune che è sentito con particolare acutezza sia da persone di fede sia da coloro che hanno una visione espressamente laica». Rispondendo a una domanda riguardante i Balcani, area frequentemente teatro di conflitti politici e religiosi, Bartolomeo ha spiegato che il Patriarcato ecumenico «possiede una prospettiva unica sulla tolleranza religiosa e sul dialogo tra le fedi, lavora per la riconciliazione fra le Chiese cristiane, per la consapevolezza ambientale e per la tutela delle risorse naturali, direttamente coinvolte e distrutte dalla guerra». Il riferimento è all’impegno svolto nel passato per riconciliare le comunità cattolica, musulmana e ortodossa nei Balcani. Un impegno che ha visto il Patriarcato in prima linea. Del resto — afferma l’arcivescovo di Costantinopoli — la sua funzione di «centro di eccellenza della vita di tutto il mondo ortodosso» ha origine dal suo secolare ministero di testimoniare, proteggere e divulgare la fede ortodossa. Proprio per questo il Patriarcato, organismo sovranazionale e sovraregionale, «ha un carattere veramente ecumenico. Da questa nobile consapevolezza e responsabilità per il popolo di Cristo, senza distinzione di razza e lingua, sono nate le nuove Chiese regionali d’Oriente, dal Caspio al Baltico, e dai Balcani all’Europa centrale. Questa ampiezza di giurisdizione si estende oggi all’Estremo oriente, all’America e all’Australia», ha detto, ribadendo che «abbiamo sempre avuto un posto speciale nella nostra preghiera per il popolo dei Balcani e nel nostro cuore per la sofferenza di persone innocenti e la morte ingiustificata di tanti bambini». Ma per aprire nuove prospettive, per liberare dall’oscurità, per superare risentimenti e ostilità, serve la forza della Risurrezione: «È un invito all’azione e alla compassione, ci spinge — si legge nell’intervista — a riflettere dove più profondamente sperimentiamo la disunione. Immagini di questa realtà abbondano attorno a noi. Il messaggio evangelico della Risurrezione è semplice eppure così radicale: siamo chiamati a resistere per amore dove persiste l’odio, a predicare dove abbonda l’ingiustizia, a insistere sul dialogo dove prevale la divisione. Sebbene sia più facile proclamare un Vangelo di potere e forza, dobbiamo continuare a incoraggiare la “conversazione” fra improbabili partner dalle provenienze radicalmente differenti (se cristiani, musulmani, ebrei o di altre confessioni), la “conservazione” delle risorse naturali (sia a fini di consumo, di sviluppo o di mera sopravvivenza) e la “conversione” delle nostre abitudini (nonostante riluttanze e resistenze). La Risurrezione — conclude Bartolomeo — non è semplicemente la manifestazione del potere di Dio; è soprattutto la rivelazione della nobiltà di ciascuno di noi». E «la vittoria sulla morte si trova in ognuno di noi».
© Osservatore Romano - 4 luglio 2013