Ecumenismo, le “baruffe ortodosse” tengono il freno tirato

patriarca-bartolomeo-2Il Metropolita russo Hilarion mette i paletti al dialogo teologico. Sullo sfondo, le diatribe intra-ortodosse tra Mosca e Costantinopoli. Chiamate anch’esse a fare i conti con la “conversione pastorale” suggerita da Papa Francesco

Gianni Valente
roma Se il dialogo ecumenico-teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse si trascina da anni tra piccoli avanzamenti e lunghe fasi di stand-by, appare sempre più chiaro che a tenere il freno a mano tirato sono in primis le riserve e le divisioni che covano in campo ortodosso.
L’ennesima conferma l’ha data il Metropolita Hilarion di  Volokolamsk, capo del dipartimento per le relazioni ecclesiali esterne del Patriarcato di Mosca: in una recente intervista all’agenzia KNA l’alto rappresentante dell’Ortodossia russa ha espresso in termini netti la sua insoddisfazione per il modus operandi della Commissione mista di dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, l’organismo bilaterale di alto livello che negli ultimi anni  sta cercando di trovare un appeasement cattolico-ortodosso sulla questione dirimente del primato  e dell’esercizio dell’autorità nella Chiesa. In quella Commissione mista, proprio Hilarion rappresenta le istanze del potente Patriarcato di Mosca. Per questo le sue parole suonano come una presa di distanze non eludibile. «Ci sbagliamo» ha detto tra l’altro Hilarion «quando tentiamo di rappresentare le tradizioni teologiche delle nostre Chiese come se fossero ravvicinate al massimo livello», ribadendo che il dialogo teologico non deve nascondere ma piuttosto definire con chiarezza le divergenze esistenti tra le due confessioni cristiane.

Le puntualizzazioni di Hilarion confermano ancora una volta che la Commissione mista di dialogo teologico gode attualmente di considerazione pressoché minima dalle parti di Mosca. Già nella sua prima riunione plenaria dedicata al tema del primato e dell’autorità nella Chiesa, svoltasi a Ravenna nel 2007, i rappresentanti russi avevano abbandonato i lavori per protesta contro la decisione presa dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli di invitare nella delegazione ortodossa anche i rappresentanti della Chiesa d’Estonia, sottrattasi alla giurisdizione di Mosca dopo il crollo dell’Urss. Ancora lo scorso novembre, a Parigi, una riunione del comitato ristretto della Commissione è finita quasi in un nulla di fatto per un nuovo rifiuto opposto dai rappresentanti del Patriarcato di Mosca a sottoscrivere un testo di lavoro che affrontava con un approccio più teologico e meno storico-ecclesiologico la questione del primato.

Le attuali traversie del dialogo teologico sono in buona parte un effetto collaterale dei conflitti latenti che da sempre segnano il campo ortodosso. Il Patriarcato di Mosca, politicamente e numericamente preponderante, si ostina a proporre ai cattolici un’alleanza sulle battaglie etiche e a manifestare scarso apprezzamento per la via teologica del dialogo con la Chiesa di Roma. Sul terreno teologico-dottrinale il capofila dell’Ortodossia è giocoforza il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e a “dare le carte” è il Metropolita Iohannis Zizioulas, che molti considerano il più grande teologo cristiano vivente. Secondo i russi, il Patriarca ecumenico Bartolomeo vorrebbe atteggiarsi a “Papa” ortodosso, assumendo poteri giurisdizionali che sono estranei alla concezione ecclesiologica dell’Oriente cristiano. E questo mentre il revival della superpotenza russa riaccende pulsioni “imperiali” nel Patriarcato moscovita.

In ogni caso, anche le “beghe” intra-ortodosse saranno chiamate presto o  tardi a confrontarsi con la nuova stagione inaugurata nella Chiesa cattolica dal pontificato di Papa Francesco. Bartolomeo I, con un gesto simbolico eclatante, ha presenziato all’inizio del ministero del nuovo vescovo di Roma, e lo ha invitato a Gerusalemme per ripetere con Papa Bergoglio l’abbraccio che cinquant’anni fa unì Paolo VI al Patriarca Atenagora. Ma anche sul fronte russo il modus operandi dell’attuale successore di Pietro potrebbe disinnescare diffidenze ataviche. Ai russi non sono sfuggite le parole che Papa Bergoglio ha dedicato al loro più grande genio letterario nell’intervista aerea concessa al ritorno da Rio de Janeiro: «Quando si legge Dostoevskij» ha affermato Francesco «si percepisce qual è l’anima russa, l’anima orientale. E’ una cosa che ci farà tanto bene. Abbiamo bisogno di questo rinnovamento, di questa aria fresca dell’Oriente, di questa luce dell’Oriente». Il sensus Ecclesiae e il disarmante ardore apostolico del Papa che suole definirsi vescovo di Roma potrebbe trovare anche parole nuove per parlare al cuore dei fratelli cristiani d’Oriente. Riportando entro i confini dovuti le questioni di precedenza primaziale e suggerendo a tutti che l’unica via per l’unità è abbracciare da fratelli la missione che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, prima del suo ritorno.

© http://vaticaninsider.lastampa.it - 6 agosto 2013