Una scelta a favore del dialogo

bartolomeo ed agnelloISTANBUL, 11. «Come comunità di fede e come leader religiosi, siamo obbligati costantemente a ricordare alla gente il dovere e la responsabilità di scegliere la pace attraverso il dialogo»: lo ha ribadito il patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, al diciassettesimo Eurasian Economic Summit che si è svolto dal 4 al 6 febbraio a Istanbul. «Il conflitto umano può essere inevitabile nel nostro mondo, ma la guerra e la violenza certamente no. Se la nostra epoca verrà ricordata, facciamo in modo che lo sia per quelli che hanno dedicato se stessi alla causa della pace», ha esortato il p a t r i a rc a . Parlando del dialogo interreligioso, ha osservato che «i conflitti storici tra cristiani e musulmani in genere affondano le loro radici nella politica e non nella religione stessa. Cristiani e musulmani hanno vissuto insieme, condividendo la stessa regione geografica, nel contesto degli imperi bizantino e ottomano». Questi modelli storici «rivelano delle possibilità nel nostro mondo, che è modellato dal pluralismo e dalla globalizzazione». Proprio per questo — ha sottolineato Bartolomeo — il dialogo, che riconosce le differenze ma suggerisce anche il modo di negoziare le differenze, può rivelarsi utile per delineare adeguate vie di comunicazione. È l’unico modo per scoprire la pace». Tuttavia la ricerca di dialogo e di pace comporta un’«inversione radicale» di quella che è diventata la norma di sopravvivenza nel mondo di oggi. Si richiede una «trasformazione dei valori che si trovano nel profondo del nostro cuore e della società, determinando il nostro rapporto con coloro che sfidano la nostra visione del mondo o minacciano il nostro stile di vita. La trasformazione in senso spirituale è la nostra unica speranza per spezzare il ciclo di violenza e di ingiustizia. La guerra e la pace sono dei sistemi, modi opposti per risolvere problemi e conflitti. E sono delle scelte. Ciò significa — ha ricordato Bartolomeo — che la pace è una questione di scelta individuale e istituzionale, nonché di cambiamento individuale e istituzionale. Comincia dall’interno e si estende prima al locale e poi al globale. Pertanto la pace richiede un senso di conversione interiore (metanoia), un cambiamento nelle politiche e nelle pratiche; esige da noi impegno, coraggio, sacrificio, la volontà di diventare persone e comunità in trasformazione».

© Osservatore Romano - 12 febbraio 2014