La religione non può dividere

bartolomeo-22ISTANBUL, 14. «Un crimine commesso in nome della religione è un crimine contro la religione stessa, perché l’odio si traveste di religioso allo scopo di inserire inimicizia in una storia che non ha più niente né di santo né di sacro. Il fatto religioso agisce sull’immaginario collettivo, è un cemento comunitario. Ma il religioso si dissocia dalla religione nel caso in cui non sia portatrice di alcuna spiritualità creatrice, come il creato stesso e il nutrimento del legame universale che unisce tutta l’umanità».
Ricevendo al Fanar un gruppo di pellegrini dell’arcidio cesi di Milano e una delegazione di giornalisti del quotidiano francese «la Croix», il Patriarca ecumenico e arcivescovo di Costantinopoli, Bartolomeo, è tornato sulle «insostenibili» violenze nel Vicino oriente e in Ucraina che «indeboliscono i nostri fratelli e sorelle non solo nella loro ecclesialità ma anche nella loro umanità». Tragedie, «barbarie di un’altra epoca», ingiustificabili da niente e nessuno. La Chiesa ortodossa — ha sottolineato Bartolomeo nel suo discorso — è impegnata per l’unità e la concordia, «le uniche due condizioni per costruire una pace duratura». Tuttavia, dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, «sembrerebbe che il fatto religioso sia diventato un fattore di sfaldamento e divisione, fino ad attizzare l’odio tra le p ersone». Il Patriarca ha parlato della libertà di credere e di non credere ma «il tema della libertà religiosa resta profondamente iscritto nella coscienza ecclesiale ortodossa» fin dai tempi dell’editto di Milano, sottoscritto nel 313 dagli imperatori Costantino e Licinio. Dall’alto della sua storia plurisecolare, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli «testimonia un’esperienza autenticamente cristiana costruita sui fondamenti di un Oriente plurale e vicino all’O ccidente. I punti di incontro attraverso i secoli sono stati numerosi, gli interscambi ricchi e vive le discussioni, ma — ha osservato ancora Bartolomeo — la specificità della nostra Chiesa è determinata dal suo ancoraggio orientale. In tal senso, la Chiesa ortodossa, il suo passato, il suo presente ma anche il suo futuro possono essere compresi solo attraverso lo spettro della propria appartenenza a quest’area geografica, caratterizzata innanzitutto dalla capacità di fungere da crocevia, da ponte, ma anche da intermediario fra le culture e le religioni». Vocazione, potenza dello Spirito, concordia, ma soprattutto unità, da cercare a livelli molto differenti: «Una volta acquisita, essa richiede grandi sforzi per conservarla. L’unità è una ricerca costante che non può costruirsi indipendentemente dall’amore e dalla carità. È in ogni caso l’esperienza che noi facciamo quotidianamente nel quadro del dialogo ecumenico e a maggior ragione del dialogo di amore e verità portato avanti con la Chiesa cattolica. L’unità è spesso un’idea un po’ vaga, mentre la comunione che significa quest’unità è una realtà tangibile della vita della Chiesa. Ma l’unità, come finalità, è importante tanto quanto il cammino che lì ci conduce. Così, con i nostri fratelli e sorelle cattolici, abbiamo imparato a conoscerci e ad apprezzarci. Le relazioni interpersonali sono una dimensione essenziale del nostro riavvicinamento, dell’imparare a tornare fratelli dopo secoli di allontanamento», spiega il primate ortodosso, ricordando la visita al Fanar, mesi fa, del cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, e soprattutto il suo rapporto personale con Papa Francesco: «Dal giorno della sua elezione, abbiamo tentato di far crescere l’eredità dei nostri predecessori, Papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora. Essi hanno, con un abbraccio, cinquant’anni fa, sconvolto la storia delle nostre Chiese offrendo loro la speranza di chiamarsi sorelle. Dopo aver pregato insieme a Gerusalemme, al Santo Sepolcro, ed esserci ritrovati in Vaticano nel mese di giugno con Shimon Peres e Mahmoud Abbas», Bartolomeo attende con gioia Francesco al Fanar alla fine di novembre per le celebrazioni in occasione della ricorrenza di Sant’Andrea apostolo. «Si tratta — ha detto ancora il Patriarca — di una tappa importante che andrà a rafforzare il lavoro della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica, riunitasi in sessione plenaria nel settembre scorso ad Amman, in Giordania».

© Osservatore Romano - 15 ottobre 2014