Pace stabile per la Terra santa · Durante l’incontro con il patriarca greco ortodosso Teofilo III
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- Creato: 25 Ottobre 2017
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Lo status quo di Gerusalemme va «difeso e preservato» perché la città santa diventi «un luogo dove tutti possano convivere pacificamente»; altrimenti «continuerà per tutti e senza fine la spirale della sofferenza».
Nell’ambito della visita in corso in questi giorni a Roma, il patriarca ha incontrato il Pontefice, col quale si è intrattenuto dapprima a colloquio privato. Quindi l’udienza è proseguita con lo scambio dei discorsi e dei doni. A conclusione Francesco ha invitato a pranzo a Santa Marta il patriarca con il suo seguito.
Rivolgendo a Theophilos un caloroso benvenuto e ricordando il precedente incontro svoltosi durante la visita a Gerusalemme, nel maggio 2014, il Papa ha colto l’occasione per rinnovare la sua vicinanza «a tutti coloro che soffrono per i conflitti che da decenni affliggono la Terra santa». Dove, ha constatato, «l’incertezza della situazione e l’incomprensione tra le parti continuano a causare insicurezza, limitazione di diritti fondamentali e l’abbandono della propria terra da parte di molti». Da qui la richiesta rivolta «a tutti i soggetti coinvolti di moltiplicare gli sforzi affinché si realizzino le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia e sul riconoscimento dei diritti di tutti». A questo fine, «occorre respingere con fermezza il ricorso a qualsiasi tipo di violenza, ogni genere di discriminazione e ogni manifestazione di intolleranza contro persone o luoghi di culto ebraici, cristiani e musulmani».
Un «pensiero speciale» il Pontefice ha poi rivolto ai membri delle varie comunità cristiane di Terra santa, auspicando «che siano sempre riconosciuti parte integrante della società e che, come cittadini e credenti a pieno diritto, portino, senza mai stancarsi, il proprio contributo per il bene comune e per la costruzione della pace, impegnandosi ad essere artefici di riconciliazione e di concordia». Dal Papa anche un nuovo richiamo «a progredire nel cammino verso la piena unità» nonostante le «ferite del passato»: non farlo, ha avvertito, «sarebbe la colpa più grave di oggi, sarebbe disattendere il pressante invito di Cristo e i segni dei tempi, che lo Spirito semina nel cammino della Chiesa».
© © Osservatore Romano 23.10.2017