Il Papa e i senzatetto, lo “schiaffo salutare” alla mondanità

senzatetto vatIn una lettera del 2017 rivolta agli autori del documentario "Al di qua", dedicato ai senza fissa dimora di Torino, la testimonianza della sensibilità del Papa verso gli ultimi. Dalla storia di Rodolfo Spagone, morto nella finzione cinematografica e pochi mesi dopo nella realtà, c'è la "sofferenza inimmaginabile di un popolo di fratelli"

Michele Raviart - Città del Vaticano

Dio “rimane in attesa che si manifesti la sua presenza nell’incontro con i fratelli che usiamo chiamare ultimi. Ultimi secondo le graduatorie del mondo, ma primi secondo la novità del Vangelo”. A scriverlo è Papa Francesco, in una lettera del 2017, ma nota solo a partire dell’aprile scorso, in cui manifestava i suoi apprezzamenti per il film documentario “Al di qua”, del regista Corrado Franco, interpretato dai senza fissa dimora di Torino. Un tema tornato in primo piano in questi giorni con la triste vicenda della morte di alcuni senzatetto nei pressi del Vaticano, che aveva sollecitato da parte del Papa – in particolare verso uno di loro, Edwin – un pensiero e una preghiera all’Angelus del 24 gennaio.

"Al di qua" con i senzatetto

Il documentario, selezionato agli Oscar per concorrere alla categoria di Miglior documentario nel 2018, nominato nella cinquina finalista dei Nastri d’Argento 2017, era stato trasmesso dalla Rai la sera di Pasqua dello scorso anno. Nella finzione filmica, la processione per assistere al funerale del senzatetto Rodolfo Spagone è un’occasione per gli emarginati di Torino per riflettere sulla loro vita, sulle circostanze che li avevano portato a vivere in strada, sul loro rapporto con Dio. Un percorso di redenzione simboleggiato dalla levitazione verso il cielo di Rodolfo, che dopo la sua morte “risorge” tra le luci della cappella di Santa Maria della Speranza dell’ospedale Martini, l’unico luogo “a colori” di una realtà raccontata con la durezza del bianco e nero.

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