Il patriarca Twal ai consacrati

basilica getsemaniGERUSALEMME, 5. La vocazione delle persone consacrate è in primo luogo quella di essere strumenti della misericordia con cui il Signore guarda ai suoi figli, in particolare ai più peccatori. È quanto ha messo in risalto il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, concludendo al Getsemani lo speciale anno per la vita consacrata. La celebrazione, informa il sito in rete del patriarcato, si è svolta martedì 2, presso la cosiddetta basilica delle Nazioni, sul Monte degli Ulivi.
Il rito, al quale sono state invitate a partecipare in particolare le religiose di Terra santa, ha significativamente avuto inizio con una processione che ha attraversato la porta santa del giubileo. Presente alla celebrazione anche il custode di Terra santa, il francescano Pierbattista Pizzaballa. Nell’omelia, pronunciata in francese, il patriarca ha sottolineato soprattutto il profondo legame esistente tra la scelta di vita dei consacrati e la misericordia divina: «L’anno della vita consacrata che oggi si conclude è stato un grande momento di grazia. Ed è provvidenziale che la conclusione dell’anno coincida con lo straordinario giubileo della misericordia; è quasi una conseguenza logica. La misericordia è infatti al centro dell’impegno di ogni persona che inizia a seguire Cristo». Proprio in questa prospettiva, il patriarca Twal ha messo in luce il nesso fondamentale che accomuna la vocazione delle persone consacrate. «La Chiesa — ed ognuno di noi è Chiesa — non esiste per condannare il peccatore, ma per consentire di portare questo amore viscerale che è la misericordia ». Così, citando più volte le parole di Papa Francesco, il patriarca ha sviluppato la sua riflessione sulla missione della Chiesa, che è appunto quella di «far sentire alle persone che è sempre possibile ricominciare da capo» perché «Gesù è sempre lì accanto a noi, per farci risorgere e perdonarci» .

© Osservatore Romano - 6 febbraio 2016