Poveri di risorse ma ricchi di umanità

twal-3Il saluto dei «discendenti di quei primi cristiani arabi, che, a Pentecoste erano convenuti a Gerusalemme assieme ai credenti di tutto il mondo» è stato rivolto al Papa al termine della messa dal patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal. Un benvenuto espresso a nome di tutta la Giordania, che guidata dal proprio sovrano «oggi celebra la festa dell’indipendenza, assieme al governo, al popolo, e alle tante istituzioni educative e sociali» presenti nel Paese. Monsignor Twal ha poi presentato al Pontefice «le tante sfide che il Patriarcato latino di Gerusalemme si trova ad affrontare. Di questa diocesi — ha spiegato — la Giordania rappresenta la parte più consistente per numero di famiglie e istituzioni. Numerosi sono i sacerdoti e i seminaristi, anche se non mancano le preoccupazioni».
Quindi ha ricordato che «la Terra Santa conosce troppe divisioni» e che «la Chiesa cattolica è impegnata in uno sforzo di unità in primis al suo interno, poi tra le Chiese e tra tutta la popolazione. Siamo la Chiesa che ascolta, che accompagna il popolo di Dio, con le sue modeste forze, in un cammino di conversione. La Giordania, così come la Chiesa di questo Paese, è piccola, ridotta di estensioni e povera di risorse, ma è ricca, nel suo elemento umano, ricca di vocazioni, esemplare nell’ospitalità verso gli stranieri, gli oppressi, i rifugiati e quanti cercano lavoro». In proposito il patriarca ha assicurato che «la Chiesa in Giordania, con tutti i suoi membri — giordani, palestinesi, siriani rifugiati e arabi di tutto il Medio Oriente e asiatici — trova nella persona» del vescovo di Roma «il Padre che ama e ascolta, il Padre che condivide con noi anche le croci quotidiane, tra cui l’emigrazione verso il mondo arabo o verso l’America del Nord. Non c’è una famiglia che non abbia un figlio all’e s t e ro . L’emigrazione dei giovani più preparati e competenti dalla Giordania, equivale a una vera emorragia umana. Qui cristiani e musulmani viviamo in armonia. Assieme alle Suore del Rosario, unica congregazione religiosa autoctona, impegnata nel settore educativo in tutto il mondo arabo». E per loro monsignor Twal ha auspicato la canonizzazione della fondatrice: la Beata Maria Alphonsine. Infine il patriarca ha detto che nella persona di Papa Francesco i giordani rivedono la bella figura di Giovanni il Battista, patrono del Paese. «Lei è il Battista di questo nostro secolo, che prepara la strada al Salvatore ed esige la conversione del cuore. Il Battista che alza la sua voce contro ogni ingiustizia e contro ogni violenza in difesa dei più deboli». E poiché «abbiamo tanto, tanto bisogno della sua parola serena, forte e coraggiosa, e non da ultimo del suo bel sorriso e della sua buona salute», ha assicurato da parte di tutti i presenti «preghiere e fedeltà». Successivamente, al sito del battesimo del Signore di Betania al di là del Giordano, il patriarca ha presentato al Papa il piccolo «gruppo di bambini e di giovani, amici di Gesù Bambino, che rappresenta l’umanità ferita di questa regione mediorientale». Si tratta, ha aggiunto di «rifugiati siriani, che hanno trovato in Giordania un accogliente asilo, solidarietà, attraverso la Caritas Giordana, braccio operativo della Chiesa, e la collaborazione di tanti altri organismi umanitari», mentre altri sono «ragazzi, segnati da varie malattie, aiutati dalla principessa Rania, direttrice del Centro nazionale di lotta contro il Cancro». Da qui l’invito a tutti i cristiani a seguire le orme del vescovo di Roma e «a visitare questo luogo per meglio apprendere e approfondire le nostre radici e la nostra appartenenza alla Chiesa, visto che qui Gesù ha iniziato la sua missione pubblica. «Per tanti questo fiume è una frontiera — ha sottolineato monsignor Twal — per noi è un posto che unisce, un richiamo alla comunione e all’unità». Per questo motivo il patriarca di Gerusalemme ha voluto presentare a Papa Francesco la famiglia giordana Muashar, che ha reso possibile la realizzazione del centro, su un terreno che è stato donato al Patriarcato latino dallo Stato «anche grazie all’amicizia del principe Ghazi bin Muhammed».

© Osservatore Romano - 27 maggio 2014

Segue discorso di saluto del Patriarca Twal

Santo Padre,

Grazie per questa bella Eucaristia, celebrata così vicino alla Grotta della Natività.

Vedo un’armonia totale tra la Tua persona, il Tuo modo di governare, di parlare al mondo e il messaggio di Betlemme. Betlemme: la semplicità, la trasparenza, la comunione, il Divino che si incarna e si mette al nostro livello umano, per poter amare di più.

Desideriamo che questa Tua visita, possa ravvivare nel cuore degli uomini il messaggio di Natale, la pace e il calore della Grotta di Betlemme.

Ci auguriamo tanto che il tuo pellegrinaggio aiuti ogni persona a vivere la grandezza dell’umiltà di Betlemme, a riconoscere l’inutilità dell’arroganza, la bellezza dell’infanzia e la sua innocenza.

Tanti sono ormai i bambini ,che i grandi di questo mondo hanno costretto a vivere errando, e che sono spesso abbandonati: bambini senza casa, senza genitori, obbligati a correre sulle strade polverose dei campi dei rifugiati ,perché non hanno più né case né tetti che li proteggano.

Tanti sono i bambini e i fanciulli, amici del Bambino Gesù, che sentono le stesse parole dette a Maria e Giuseppe che “non c’è più posto per loro nell’albergo”. Non c’è più posto per loro neanche nella politica familiare che decide della loro sorte.

Non c’è più posto per i bambini nella legislazione e sono assenti nelle trattative, per una pace che non trova la sua strada per arrivare a noi, pace che non riesce a sfondare i muri della paura e della sfiducia che circondano questa città. I nostri giovani hanno sperimentato, sulle orme del Divino Bambino, l’emigrazione, la fame, il freddo e spesso anche la demolizione delle proprie case.

Insieme a Te, Santo Padre, chiediamo oggi al Bambino Gesù, che allarghi la sua grotta per accogliere i numerosi bambini, vittime della violenza umana e dell’ingiustizia.Come non ricordare e pregare per i tantissimi prigionieri che affollano le carceri…

Affamati di un pezzo di pane, affamati di più giustizia e pace, affamati di una casa, di un ”Hogar” che li accolga. Non sono ancora finiti gli Erodi moderni, che hanno più paura della pace che della guerra, che hanno più paura delle famiglie sane e sono pronti ad uccidere e continuano ad uccidere.

Santo Padre,

prima del Tuo arrivo, è arrivata la Tua fama di uomo di Dio, di un vero capo che sa governare, e allo stesso tempo, di un vero fratello per tutti. Noi, discendenti dei primi pastori, accogliendo l’invito degli angeli, veniamo con te a Betlemme, per adorare il Bambino e felicitarci con i suoi genitori.

Santo Padre, a nome dell’Assemblea degli ordinari cattolici, a nome del popolo palestinese e a nome dei tanti cari pellegrini, che a Betlemme si sentono a casa, ti diciamo grazie per la Tua presenza con noi oggi ed insieme a tutti i bambini dei vari centri a Betlemme, bambini sani e bambini disabili Ti assicuriamo la nostra preghiera e la nostra adesione.