Meeting Rimini
Sperare contro ogni speranza: lavorare per la pace in Medio Oriente
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- Creato: 05 Settembre 2016
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In piedi, in un silenzio di raccoglimento per le vittime del terremoto: così è iniziato l’incontro sul Medio Oriente, come tutti gli incontri di oggi al Meeting. “Invito ad aderire alla raccolta fondi nazionale indetta dalla Cei il 18 settembre, già operante”, sollecita Roberto Fontolan, Direttore del Centro internazionale di Cl. Insieme a lui, sul palco dell’Auditorium San Paolo, ci sono Jàn Figel, Inviato Speciale della Commissione europea per la libertà religiosa al di fuori dell’Unione Europea e padre Firas Lufti, superiore
del collegio di Terra Santa e vice parroco della parrocchia di San Francesco ad Aleppo, Siria. Era prevista la presenza del ministro Paolo Gentiloni che per l’emergenza sismica non ha potuto partecipare.
“Siamo uniti a papa Francesco nel cordoglio per le vittime del terremoto e le loro famiglie. Perciò viviamo questo incontro con più serietà, passione e attenzione per i nostri fratelli in Medio Oriente”. Porta il suo saluto Pasquale Valentini, segretario di Stato per gli affari esteri e politici della Repubblica di San Marino, che esprime la sua vicinanza e solidarietà ai terremotati. La Repubblica del Titano vuole portare il suo contributo alla pace in Medio Oriente “con l’attenzione alla dimensione religiosa della persona – spiega Valentini - gli organismi internazionali devono guardare a esempi di integrazione che esistono già”.
Padre Lufti, siriano, è arrivato da Aleppo. Fontolan sottolinea: “E sappiamo cosa vuole dire arrivare da Aleppo”. Dovrebbe essere abituato a vedere macerie, paura, morti. Invece proprio il fatto di vivere dentro la guerra gli fa subito dire: “Siamo uniti nel dolore causato dal terremoto che ha demolito case, distrutto vite”. Dieci giorni fa l’unica strada di collegamento tra la città e l’esterno è stata tagliata dagli jihadisti e dalla controffensiva dell’esercito siriano. “Ho visto cos’è un terremoto. Non avevo mai visto una città completamente rasa al suolo”. È Aleppo, la Milano della Siria, la seconda città della nazione dopo la capitale Damasco. Manca tutto. Luce, cibo. L’emergenza acqua, per ora, è rientrata. “Soprattutto manca sicurezza – prosegue – le bombe cadono giorno e notte”. In quasi sei anni di conflitto sono morte più di 380mila persone, la metà di loro sono donne e bambini.
Sul maxischermo appaiono foto che riprendono le macerie di Palmira: “Il professor Buccellati, archeologo che è qui davanti a me – commenta il francescano – credo stia trattenendo le lacrime. Lui non vede pietre morte ma secoli di storia”. Scorrono le immagini: una cinquantina di bambini giocano intorno a uno scivolo blu: “È la succursale della nostra parrocchia. Ogni dieci giorni i razzi la colpiscono. Siamo umanamente stanchi di riparare il convento. Un parrocchiano mi ha detto: ‘Abbiamo sopportato la fame, la sete ma non posso sopportare che mio figlio sia colpito, mutilato. Mi dia il certificato di battesimo, vado via’. È un esodo quello da Aleppo”.
In tutto questo padre Lufti amministra l’estrema unzione, porta l’Eucaristia agli ammalati costretti a letto perché “non di solo pane vive l’uomo, ma di gesti di carità e compassione”. C’è la foto di un gruppo di musulmani volontari della Croce Rossa: “Sono venuti per dire alle persone sofferenti: ci siamo anche noi”. Una maestra su banchi di scuola segue i bambini sordomuti: il francescano ne ha contati sessanta. “Siamo riusciti a fargli dare l’esame di terza media – continua – questa foto invece ritrae la festa d’inizio del nostro centro estivo”. Un cortile tra alti condomini, i palloncini: “Quest’estate abbiamo avuto 350 ragazzi, cento in più dell’anno scorso”. C’è il video commovente di una festa nel convento dove un mese fa un razzo ha ucciso un’anziana signora, i bambini cantano, hanno le magliette gialle come i volontari del Meeting di quest’anno. Padre Lufti traduce: “Voglio gioire, cantare, fare i compiti, sentire la campanella della scuola. Signore non ci dimenticare, Tu sei nostro protettore, non ci abbandonare”. Un gruppo di bambini abbronzati in costume da bagno saluta dalla piscina: “Grazie ai nostri benefattori, molti dei quali italiani, abbiamo pulito la piscina del nostro collegio di Sant’Antonio. Possiamo sentirli quasi fisicamente, stanno dicendo ciao alla gente del Meeting”. Resiste la speranza. Il frate francescano cita Benedetto XVI: “Chi ha la speranza vive diversamente, gli è stata donata una nuova vita”. “Siamo i tesorieri di Dio che ci ha affidato il suo Vangelo – afferma – Cristo perdona i crocifissori. Crediamo di avere una missione in questo contesto. Viviamo nel buio, occorre un dono dall’alto e anche la notte più oscura passa. Se sono vivo è per raccontare che ci sono persone che hanno ancora speranza”.
L’ultima foto è un arcobaleno su Aleppo: “Quando vorrete venire a trovarmi ci sarò – si allarga un allegro brusio in sala – siete calorosamente invitati”. L’applauso sembra non smettere più. “Questo applauso è per dire che ci siamo anche noi con tutte le nostre capacità”, commenta Fontolan.
L’inviato della Commissione europea per la libertà religiosa Figel è slovacco e porta subito le condoglianze “ai parenti delle vittime del terremoto e al popolo italiano. È la conferma che siamo mortali e abbiamo bisogno l’uno dell’altro, sempre più”. Ricorda che al Papa è stato conferito il premio Carlo Magno: “L’Unione europea e le sue istituzioni desideravano affermare che intendono fare di più per la libertà religiosa”. Le priorità per Figel sono il Medio oriente, il Sud Est asiatico, l’Africa settentrionale e orientale dove si verificano varie oppressioni: regimi totalitari, leggi sulla blasfemia distorte, discriminazioni, violenze su minoranze religiose. Il relatore descrive il secolo sanguinario da cui siamo usciti: due guerre mondiali, i campi di concentramento, il genocidio armeno: “Credo che sia in atto un genocidio in Medio Oriente. Le violenze sono state denunciate e alcuni Parlamenti le hanno riconosciute come genocidio. Penso sia giusto trattarne nel parlamento italiano e in altri”. Figel afferma poi che le nostre fonti di speranza sono la fede e la ragione: non si condivide il timore ma il coraggio. “Non stiamo facendo abbastanza per la fratellanza cristiana. Occorre il riconoscimento che siamo tutti figli di Abramo”. Parole che sono il segno di una volontà nuova dell’Europa, riconosce Fontolan che si rivolge a padre Firas: “Come possiamo aiutarvi?”.
“Il primo aiuto lo state già dando: essere qui, compartecipi. Il secondo aiuto è quello che ognuno faccia il proprio compito nel ruolo in cui si trova. Il terzo aiuto è economico: se sosteniamo tante persone è perché abbiamo tanti amici. L’aiuto è questo: preghiera, missione, generosità”.
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