Meeting Rimini
P. Brian: La misericordia di Madre Teresa, amore in azione che ci provoca tutti by Brian Kolodiejchuk*
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- Creato: 07 Settembre 2016
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Questo intervento è una testimonianza analoga a quella dell'incontro tenuto al Meeting di Rimini il 25 agosto (giorno di chiusura della manifestazione) e del quale pertanto non è stato trascritto il testo dell'intervento stesso.
(Il postulatore della causa di canonizzazione della Madre ricorda la “provvidenzialità” della santificazione nell’Anno santo della misericordia: “Tutti siamo chiamati a essere testimoni dell’amore sconfinato di Dio”. L’azione della fondatrice delle Missionarie della Carità “sempre improntata alla consapevolezza di essere strumento, non motore”. I ricordi delle sue prime compagne e il “perdono messo in pratica” anche davanti a scandali e dolore. L’intervento pronunciato al Simposio internazionale 2016 di AsiaNews).
Roma (AsiaNews) – Madre Teresa è stata canonizzata in maniera molto appropriata – e molto provvidenziale – durante questo Anno santo straordinario della Misericordia. Come ha detto papa Francesco, la speranza è che durante questo Giubileo la Chiesa esprima la sua “missione di essere testimone di misericordia”. Le opere apostoliche di Madre Teresa e delle Missionarie della Carità sono esattamente opere di misericordia – corporali e spirituali.
Vorrei presentare alcune idee di Madre Teresa sulla misericordia del Signore nella sua vita e nel suo lavoro.
La misericordia – termine che letteralmente significa “dare il cuore agli infelici” – coinvolge sia l’interiorità che l’esteriorità. Il cuore – inteso nel senso biblico, quindi pensiero e sentimento – e l’azione. La Madre lo direbbe così: “Dobbiamo mettere il nostro amore nell’azione”. Perché l’amore coinvolge il nostro intero essere, “cuori per amare e mani per servire”. E così allo stesso modo fa la misericordia.
L’Anno della Misericordia è prima di tutto un modo per ricordare a ognuno di noi che davanti a Dio abbiamo tutti bisogno di misericordia; in questo senso siamo tutti poveri, siamo tutti allo stesso livello. I nostri “bisogni” possono non essere gli stessi se visti da fuori, ma davanti al Signore noi rimaniamo senza alcuna “corazza” esteriore, per così dire. Davanti a Dio siamo mendicanti del suo amore, del suo perdono e della sua misericordia.
Per adattarlo al vocabolario di Madre Teresa, possiamo definire questa realtà – la nostra povertà interiore – come la “Calcutta del cuore” e forse, più precisamente, la “Calcutta del mio stesso cuore”. Madre Teresa usava ripetere: “Calcutta è dappertutto”. È vero che potremmo non compiere mai un atto davvero malvagio o miserabile, ma il semplice fatto che ne siamo capaci ci mette nella schiera dei poveri.
Questo concetto è fondamentale nel nostro vivere da cristiani. Jean Vanier, canadese fondatore de L’Arche – comunità che vive e lavora con uomini e donne mentalmente disabili – enfatizza questo punto: “Quando viviamo giorno dopo giorno con persone gravemente handicappate, i nostri limiti e la nostra oscurità divengono ovvi. Ma questa esperienza mi ha aiutato a comprendere che non possiamo crescere nell’amore e nella compassione se, in tutta sincerità, non riconosciamo chi siamo e accettiamo la nostra radicale povertà. La persona povera non esiste soltanto nell’altro, ma anche all’interno di noi. Questa verità è la base della crescita umana e spirituale, ed è il fondamento della nostra vita cristiana. ‘Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli’. Il povero, che ci rivela la sua povertà, diviene così un sacramento”.
Questo implica che il nostro atteggiamento non deve essere quello di “guardare dall’alto in basso” come se fossimo superiori – cosa ovviamente non vera – ma deve invece essere quello di riconoscere la verità: noi stessi siamo uno con il povero, siamo identificabili fra coloro che hanno bisogno.
Madre Teresa è stata uno splendido esempio di questo atteggiamento: “Il suo cuore – diceva sister Nirmala, che divenne Superiora generale delle Missionarie della Carità subito dopo la fondatrice – era grande come lo stesso Cuore di Dio. Pieno di amore, affetto, compassione, misericordia. Ricchi e poveri, giovani e vecchi, forti e deboli, istruiti e ignoranti, santi e peccatori di ogni nazione, cultura e religione hanno trovato un amorevole abbraccio nel suo cuore. Perché in ognuno di loro lei ha visto la faccia del suo Amato, Gesù”.
Madre Teresa era molto a suo agio con la propria povertà. Sister Nirmala ci racconta che la Madre “era convinta di essere povera e peccatrice, ma confidava nell’amore tenero e nella misericordia di Gesù”. Ancora “la Madre ha sempre sentito la necessità della misericordia di Dio. Quanto è misericordioso il Signore a donarci tutte le cose che ci dà! Per questo era molto grata a Dio”.
La stessa Madre ha detto: “Gesù, che ama ognuno di noi teneramente con misericordia e compassione, opera miracoli di perdono”.
Essendo cosciente della propria povertà e della propria miseria, era ancora più consapevole della realtà del perdono e della compassione del Signore. Di conseguenza era sempre pronta a mostrare perdono e compassione per gli altri.
Lei stessa lo spiegava così: “Abbiamo bisogno di molto amore per perdonare e di molta umiltà per dimenticare, perché non vi è mai un perdono completo se allo stesso tempo non dimentichiamo. E se non dimentichiamo, pur dicendo che abbiamo perdonato non siamo in grado di farlo. Fino a che non dimentichiamo non possiamo perdonare in pieno. E questa è la cosa più meravigliosa della misericordia di Dio. Egli non soltanto perdona ma dimentica, e non torna più sull’argomento: come il padre che non parlò più dell’accaduto al figlio [nella parabola del figliol prodigo]. Non gli disse neanche di dimenticare i suoi peccati, di dimenticare il male compiuto… Lui stesso piangeva di gioia. Questi sono meravigliosi esempi di vita che dobbiamo condividere. Attraverso il Vangelo, dobbiamo portare queste cose nella vita”.
Questo non vuol dire che possiamo sempre letteralmente dimenticare il male che riceviamo, o che non dovremmo agire con prudenza in risposta a quello che un’altra persona dice o fa; significa invece che nel nostro atteggiamento e nel nostro rapportarci in maniera personale con l’altro abbiamo bisogno di perdonare e dimenticare. Dobbiamo quanto meno agire (sinceramente!) come se non ricordassimo l’offesa di ieri.
Quello che Madre Teresa pensava lo metteva anche in pratica. Non si scandalizzava per i peccati altrui, e sapeva che anche lei poteva cedere. Una delle sue collaboratrici ha fatto l’esperienza del suo perdono incondizionato. Questa persona aveva fatto una cosa davvero sbagliata, e stava vivendo un brutto momento presa fra la colpa e la vergogna. Quindi decise di dire tutto alla Madre.
Ecco come lei stessa ha raccontato l’esperienza: “Dopo aver ascoltato l’intera storia, per prima cosa la Madre mi chiese se qualcun altro ne sapesse qualcosa. Dopo averle detto che ne era al corrente soltanto il sacerdote da cui mi ero confessata, mi guardò con enorme amore e tenerezza negli occhi. Mi disse: ‘Gesù ti perdona e la Madre ti perdona. Gesù ti ama e io ti amo. Gesù ha voluto soltanto mostrarti la tua povertà. Ora, quando qualcuno verrà da te con una storia simile, avrai compassione di lui’. Le chiesi di non dire nulla a nessuno e lei promise di farlo, in maniera davvero tenera. Non mi ha mai chiesto: ‘Perché lo hai fatto? Come hai potuto? Non ti vergogni di aver causato un simile scandalo?’. Non mi disse neanche di non farlo più”.
Come sappiamo, nel sacramento della confessione incontriamo la misericordia di Dio in maniera diretta e personale. Il modo di comportarsi che Madre Teresa mostrava alla persona in torto richiamava in un certo senso il modo con cui Dio si comporta con noi: amore misericordioso che incontra la nostra miseria non con atteggiamento di superiorità, non con un atteggiamento giudicante o da maestro, ma con l’atteggiamento del padre amorevole che riceve con gioia il figliol prodigo.
Una sister mi ha raccontato questa storia: “Una volta sono andata a Calcutta per un ritiro. Ero preoccupata e inquieta per un peccato che avevo commesso. Quindi sono andata dalla Madre. Ho scritto tutti i miei errori, le mie debolezze e soprattutto il peccato che mi stava disturbando così tanto e ho dato il foglio alla Madre. Lei l’ha letto tutto… E poi l’ha fatto a pezzi dicendomi: ‘Metto tutto questo sotto il Cuore di Gesù. Non dubitare mai, mai della misericordia di Dio. Una volta che hai confessato i tuoi peccati, ricorda che Dio ti ha perdonato e ha dimenticato tutto’. E poi mi ha parlato del grande amore di Dio, del suo perdono e della sua misericordia. E quel peccato che avevo commesso, invece di portarmi lontana da Dio, è stato uno strumento per rendermi umile, per portarmi più vicino a Lui e aumentare la mia devozione al Cuore misericordioso di Gesù. Grazie alla Madre”.
La stessa Madre Teresa si accostava con fedeltà e regolarità al sacramento della Riconciliazione, persino durante i suoi frequenti viaggi. Ancora sister Nirmala: “Persino mentre viaggiava di casa in casa, la Madre era fedele alla sua confessione settimanale”. Per lei non si trattava di abitudine o routine, ma dell’incontro ogni volta nuovo con la misericordia e l’amore del Signore.
La Madre era ben consapevole che “il diavolo odia Dio. E questo odio in azione ci sta distruggendo, portandoci a commettere nuovi peccati e a condividere il male… e quando condividiamo questo male, ci allontaniamo da Dio. Ma è qui che arriva la meravigliosa misericordia di Dio. Devi soltanto girarti indietro e chiedere scusa. Questo è lo splendido dono della confessione. Andiamo verso la confessione da peccatori con un peccato e ne usciamo da peccatori, ma senza peccato. Questa è la meravigliosa misericordia di Dio. Perdonare sempre. Non soltanto perdonare, ma amare. Con gentilezza, amore, pazienza. Ed è questo che il diavolo odia di Dio: quella tenerezza e quell’amore per il peccatore”.
La povertà come stato che va oltre la povertà materiale è un concetto che si è sviluppato nella testa e nel cuore di Madre Teresa quando la sua missione si è espansa arrivando a Ovest.
Una volta qualcuno disse alla Madre: “Quando lei dice povertà, molte persone pensano alla povertà materiale”. E lei rispose: “Questo è il motivo per cui diciamo che la più grande delle povertà è rappresentata dalla persona non voluta, non amata, non curata, i dimenticati, gli abbandonati… La povertà materiale puoi sempre soddisfarla con della materia: se prendiamo una persona che ha fame di pane e gli diamo il pane, lo avremo soddisfatto. Ma se troviamo un uomo solo, rifiutato, gettato via dalla società, allora l’aiuto materiale non potrà aiutarlo. Perché per rimuovere quella solitudine che fa tanto male servono la preghiera, il sacrificio, la tenerezza e l’amore. E molto spesso queste sono cose difficili da dare. Non c’è soltanto fame di pane, ma anche fame d’amore. Essere nudi non riguarda un pezzo di stoffa, riguarda l’essere spogliati dalla dignità umana. Essere senza casa non significa solo non avere un luogo dove dormire, ma l’essere buttati via dalla società”.
Bisogna notare che per Madre Teresa è necessario, se si vuole curare queste povertà, non soltanto mostrare carità ma anche usare mezzi sovrannaturali come la preghiera e il sacrificio.
La stessa persone disse ancora: “Vediamo lei e le sue sorelle fare tante cose meravigliose, con tenerezza, soprattutto nei confronti dei bambini. Basta solo vedere come li trattate, è una cosa davvero ispiratrice. Me ne vuole parlare?”.
E la Madre: “Non si tratta di cosa facciamo o di quanto siano grandi le cose che riusciamo a compiere, ma quanto amore poniamo in quello che facciamo. Noi siamo esseri umani, e le cose possono sembrarci piccole, ma una volta che le poniamo nelle mani di Dio… Dio è infinito. E quella piccola azione compiuta viene presa e trasformata in azione infinita. Dio è infinito, non c’è misura per Lui. Proprio come non esiste per Lui il tempo… Dio ‘è’. Dio non potrà mai divenire ‘era’. Allo stesso modo, l’amore di Dio è infinito: pieno di tenerezza, pieno di misericordia, piano di perdono, pieno di gentilezza, pieno di senso. Pensiamo soltanto alle cose alle quali Dio pensa per noi: è sorprendente! Il Signore deve pensare al mondo, al Paradiso, alla Terra… Eppure si impegna tantissimo nelle cose semplici, cose piccole che possono portare gioia a qualcuno. A qualcuno che oggi ne ha bisogno. Questa è l’azione di Dio nel mondo, l’amore di Dio in azione. E oggi Dio ama il mondo attraverso noi. Come ha mandato Gesù per provare al mondo che Lui ci ama. Oggi Cristo ci sta usando, usa lei… Vuole provare al mondo che Lui ‘è’ e che Lui ama il mondo”.
Per riuscire ad amare con la misericordia e la compassione di Gesù, dobbiamo essere convinti che Lui ci ami. Per farlo, un modo speciale è attraverso la preghiera.
Spiega Madre Teresa: “Noi siamo molto preziosi per Lui. Come ha detto Isaia ‘tu sei prezioso per Me, ti chiamerò con il tuo nome, tu sei mio. L’acqua non ti affogherà, il fuoco non ti brucerà. Rovescerò per te le nazioni, perché per me sei prezioso, perché io ti amo’. Questa tenerezza dell’amore di Dio, la sua compassione e misericordia e perdono, sono espresse in maniera meravigliosa quando Lui dice che ‘anche se una madre può dimenticarsi del figlio, Io non mi dimenticherò mai di voi. Vi ho portati sul palmo della mia mano’. Pensiamo soltanto a quante volte voi, noi abbiamo chiamato Dio: siamo nel Suo palmo e Lui ci guarda da così vicino, con amore e tenerezza… Questa è la preghiera”.
“Il frutto della preghiera è l’amore e il frutto dell’amore è il servizio”. Così diceva la Madre parlando dell’amore “in azione”. Durante uno dei suoi discorsi, ella volle sfidare i presenti: “Conoscete la porta del vostro vicino? Sapete che lì c’è una persona cieca? Che c’è un malato, un anziano rimasto solo che non ha nessuno, lo sapete? E se lo sapete, avete fatto qualcosa? Ecco la vostra possibilità di dare amore, di tornare domani per fare qualcosa. Guardate, osservate e fate qualcosa e sentirete venire dal cuore la gioia, l’amore e la pace. Perché avete fatto qualcosa per qualcuno. Avrete espresso il vostro amore per Dio in un’azione vivente. Non basta dire ‘ti amo’. Non basta: fate qualcosa. E quel qualcosa dovrebbe essere qualcosa che vi fa male. Perché il vero amore ferisce. Quando guardate la Croce, vedete quanto Gesù ci abbia amato. È morto sulla Croce perché egli vi ha amato e ha amato me. E lui vuole che anche noi amiamo allo stesso modo”.
A Khalighat, la Casa per i morenti di Calcutta, uno degli assistiti chiese a Madre Teresa dopo averne ricevuto le cure: “Gesù è come te?”. E un altro le disse, in un aneddoto che lei stessa ripeteva spesso: “Tutta la mia vita ho vissuto come un animale per le strade. Ma ora muoio come un angelo, amato e curato”. In quelle sale buie brilla la luce di Cristo, la Sua presenza e la Sua misericordia si riflettono su tutti coloro che entrano, i malati e i sani, le Sorelle e i volontari, quelli che hanno un’altra fede e quelli che non ne hanno alcuna.
Siamo chiamati a riflettere lo stesso amore tenero e misericordioso di Dio a coloro che ci circondano, persino essere “portatori dell’amore di Dio”, Missionari della Carità, in modo particolare nei confronti di coloro che ne hanno più bisogno. Allo stesso tempo, mentre amiamo gli altri dobbiamo amare in maniera diretta anche Gesù. Essere convinti che quello che facciamo “lo avete fatto a me” – come dice Gesù nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo – ci aiuta quando parlare diventa difficile.
Questa è la storia di una delle Sorelle, dei primi anni di Calcutta: “Il giorno successivo a quello in cui mi ero unita alla Madre, l’ho accompagnata per la prima volta negli slums di Motijhil. Passavamo per le strade recitando il Rosario. La Madre aveva una borsa con qualcosa dentro, e ne diede una anche a me. Vidi che c’erano all’interno un pezzo di sapone, un asciugamano, forbici e qualche tavoletta di vitamine. Appena arrivati, i bambini circondarono la Madre cantando e salutandola. Ho notato subito che erano molto sporchi. Alcuni piccoli, altri più grandi, altri con fratelli o sorelle al collo. La Madre mi prese per mano e mi diresse verso i bambini per lavarli: nasi, mani e piedi. E per sistemare loro i capelli. Mi disse che era una fantastica opportunità per me di essere come Nostra Signora, di fare ciò che Lei aveva fatto per Gesù. Nonostante il mio amore per Gesù e Maria, e nonostante volessi essere come la madre nel suo lavoro per i poveri, era una grande sfida: era ripugnante mettere le mani su quella sporcizia. Ma la Madre mi diede la chiave: ‘Ognuno di questi bambini sporchi è Gesù, che aspetta di essere toccato da te con amore, umiltà e gratitudine’. È stata una lezione di fede messa in pratica, come quella che mi venne impartita da mia madre durante la Prima Comunione: Gesù di Nazareth è davvero nel pezzo di pane che riceviamo durante il Sacramento”.
Per quanto fosse grande la fede di Madre Teresa, è stata sempre consapevole di essere uno strumento della grazia di Dio che agiva attraverso lei. Ha considerato una grande grazia l’essere stata in grado di accettare il dono di Dio e riconoscere la Sua azione nella sua vita. Diceva: “Devo riconoscere quello che il Signore ha fatto per me. Il Suo grande amore per me mi tiene qui, non i miei meriti. La risposta è nell’essere convinti: la misericordia e la grazia di Dio”.
Voglio concludere con una riflessione di Eileen Egan, una amica molto vicina a Madre Teresa sin dagli anni Sessanta: “Madre Teresa ha accettato Gesù con amore incondizionato e lo ha visto in coloro che Lui gli ha indicato: gli affamati, i senza tetto, i sofferenti. Lei li ha avvolti di misericordia. Dopo tutto la misericordia non è altro che l’amore che si manifesta in un bisogno, è amore che esce per incontrare le necessità di chi si ama. Le nostre vite non cambierebbero in meglio in un attimo, se milioni di fedeli seguissero così le parole di Gesù?”.
Durante questo Giubileo della misericordia, la Chiesa ci presenta la persona e il modello di Madre Teresa. Seguendo i suoi insegnamenti e il suo esempio, possiamo ricevere e donare misericordia, in particolare nei confronti di coloro che ci sono più vicini. “L’amore – ci ha ricordato spesso la Madre – inizia in casa”. Tutto intorno a noi vi sono persone che hanno bisogno del nostro amore tenero e misericordioso, se soltanto “ci prendiamo il disturbo di guardarle”.
Do l’ultima parola alla Madre: “Pensiamoci un attimo: io e te siamo stati chiamati per nome, perché Lui ci ama. Perché io e te siamo speciali per Lui: siamo il Suo Cuore, per amarLo nei poveri, e le Sue mani per servirLo nei più poveri fra i poveri… Iniziando da coloro che ci sono più vicino, persino nelle nostre stesse famiglie”.
Questo è quello che possiamo essere, quello che papa Francesco ci chiede di essere: testimoni di misericordia.
© asianews - 7.9.2016