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Concilio panortodosso – Terza giornata: pronto il documento sulla diaspora ortodossa
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- Creato: 22 Giugno 2016
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Kolympari (Creta). Dopo quattro sessioni di confronto a porte chiuse, e ormai a metà del Concilio, è pronto il primo documento: è quello sulla Diaspora ortodossa, la cui bozza era stata approvata a Chambesy nel 2009, e che qui al Concilio è stato discusso come secondo, ieri mattina. Gli emendamenti presentati e votati dai delegati in assemblea sono stati recepiti dal Segretariato panortodosso, un organismo in cui sono rappresentate tutte le Chiese qui presenti, e oggi pomeriggio la versione finale sarà a sua volta sottoposta al voto. Il metodo decisionale impiegato dalle Chiese ortodosse è quello del consenso, perciò un documento è approvato quando tutti sono d’accordo.
Nella conferenza stampa di oggi il metropolita Gregoria di Messaoria ha spiegato che i padri conciliari sono molto contenti del risultato, che ha arricchito il testo preparatorio delle esperienze e suggerimenti frutto di sei anni di vita delle Assemblee episcopali, organismi costituiti come soluzione di transizione al problema – in alcuni luoghi molto acuto – delle giurisdizioni sovrapposte tra Chiese ortodosse diverse in terre di diaspora (qui una scheda sintetica del documento preparatorio, e di tutti gli altri).
Nelle sessioni di lunedì pomeriggio e di ieri i patriarchi, i vescovi e i delegati si sono confrontati anche sul documento preparatorio La missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, approvato a Chambesy nel gennaio di quest’anno e tradotto in italiano su Il Regno, ma che è più complicato da modificare con gli emendamenti approvati, e perciò sarà pronto solo domani per la firma.
Due impressioni dalla conferenza stampa di oggi. La prima è sul clima del Concilio: sia il portavoce Job di Telmessos, sia il metropolita Gregorio, sia il portavoce del Patriarcato Ecumenico p. John Chrissavgis hanno sottolineato la positività del confronto, lo spirito di unità e il dialogo aperto e costruttivo. Non hanno dato l’impressione di voler sostenere una facciata, perché il racconto della fecondità dell’incontro tra i delegati di paesi diversi, età diverse, gradi gerarchici diversi mi ha richiamato alla mente per analogia quanto hanno riferito alcuni padri sinodali dopo i Sinodi del 2014 e 2015 sulla famiglia.
E la seconda sottolineatura è sul tema Tradizione/tradizioni. Il patriarca Daniel di Romania – è stato riferito – ha sollevato il problema dell’«etnofiletismo», cioè del nazionalismo etnico, e della sua necessaria distinzione dall’identità culturale e dal patriottismo. È un problema cruciale per le Chiese ortodosse, che sono tutte Chiese nazionali e hanno condannato il nazionalismo già nel 1872. In conferenza stampa il metropolita Gregorio ha spiegato che il nazionalismo etnico non è un tema che verrà sviscerato in questo Concilio, dove l’agenda è già fissata da tempo, ma magari successivamente; e ha sottolineato che in un certo senso questo tema per gli ortodossi sta sullo sfondo di tutti i discorsi, perché l’identità nazionale è una caratteristica distintiva delle Chiese ortodosse – si pensi all’importanza della lingua nella liturgia – e tuttavia deve essere vissuta in modo da non creare muri tra loro. Bisogna imparare a distinguere – ha detto – fra Tradizione con la T maiuscola, e tradizioni locali. La prima è quello che unisce profondamente nella fede, le seconde quello che differenzia. Una questione che, in un modo o nell’altro, stanno dibattendo tutte le Chiese cristiane.
Daniela Sala
© http://www.ilblogdelregno.it/2016/06/22
Nella conferenza stampa di oggi il metropolita Gregoria di Messaoria ha spiegato che i padri conciliari sono molto contenti del risultato, che ha arricchito il testo preparatorio delle esperienze e suggerimenti frutto di sei anni di vita delle Assemblee episcopali, organismi costituiti come soluzione di transizione al problema – in alcuni luoghi molto acuto – delle giurisdizioni sovrapposte tra Chiese ortodosse diverse in terre di diaspora (qui una scheda sintetica del documento preparatorio, e di tutti gli altri).
Nelle sessioni di lunedì pomeriggio e di ieri i patriarchi, i vescovi e i delegati si sono confrontati anche sul documento preparatorio La missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, approvato a Chambesy nel gennaio di quest’anno e tradotto in italiano su Il Regno, ma che è più complicato da modificare con gli emendamenti approvati, e perciò sarà pronto solo domani per la firma.
Due impressioni dalla conferenza stampa di oggi. La prima è sul clima del Concilio: sia il portavoce Job di Telmessos, sia il metropolita Gregorio, sia il portavoce del Patriarcato Ecumenico p. John Chrissavgis hanno sottolineato la positività del confronto, lo spirito di unità e il dialogo aperto e costruttivo. Non hanno dato l’impressione di voler sostenere una facciata, perché il racconto della fecondità dell’incontro tra i delegati di paesi diversi, età diverse, gradi gerarchici diversi mi ha richiamato alla mente per analogia quanto hanno riferito alcuni padri sinodali dopo i Sinodi del 2014 e 2015 sulla famiglia.
E la seconda sottolineatura è sul tema Tradizione/tradizioni. Il patriarca Daniel di Romania – è stato riferito – ha sollevato il problema dell’«etnofiletismo», cioè del nazionalismo etnico, e della sua necessaria distinzione dall’identità culturale e dal patriottismo. È un problema cruciale per le Chiese ortodosse, che sono tutte Chiese nazionali e hanno condannato il nazionalismo già nel 1872. In conferenza stampa il metropolita Gregorio ha spiegato che il nazionalismo etnico non è un tema che verrà sviscerato in questo Concilio, dove l’agenda è già fissata da tempo, ma magari successivamente; e ha sottolineato che in un certo senso questo tema per gli ortodossi sta sullo sfondo di tutti i discorsi, perché l’identità nazionale è una caratteristica distintiva delle Chiese ortodosse – si pensi all’importanza della lingua nella liturgia – e tuttavia deve essere vissuta in modo da non creare muri tra loro. Bisogna imparare a distinguere – ha detto – fra Tradizione con la T maiuscola, e tradizioni locali. La prima è quello che unisce profondamente nella fede, le seconde quello che differenzia. Una questione che, in un modo o nell’altro, stanno dibattendo tutte le Chiese cristiane.
Daniela Sala
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