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Cari fratelli e Sorelle in Cristo,
la preghiera è la sorgente e la forma più intima della vita spirituale dei cristiani.
Solamente con la preghiera si possono costruire ponti di amore, di pace e di speranza per la realizzazione della volontà di Dio, obbligando così le nostre comunità a modificare il loro comportamento nei confronti le une delle altre, ad abbracciare il metodo del dialogo e a fare uscire dai propri confini per testimoniare al mondo i propri sforzi e la loro promessa di collaborazione per l'unita dei cristiani e per la comprensione e il rispetto delle altre religioni. Abbiamo colto l'occasione di questo nostro incontro occasionale dei fratelli cattolici italiani in visita al nostro monastero per potere così dialogare. Prima di spiegare alcune particolarità della Chiesa ortodossa, il significato del canto e delle immagini con cui nell'oriente cristiano viene accompagnata la preghiera vorrei, brevemente, chiarire il punto di vista della mia Chiesa su alcune domande con le quali molti di noi, sacerdoti ortodossi, veniamo continuamente interpellati dai fratelli della chiesa sorella di Roma.
 
Codice Rito
Italo-Bizantino
     XI secolo A cura di Stefano Parenti

Per la sua monografia sulle anafore gallicane Matthieu Smyth ha scelto un titolo significativo: La liturgie oubliée, ovvero, La liturgia dimenticata[1], anche se in realtà oggi quella gallicana più che dimenticata è una liturgia morta. Già negli anni ‘20 del secolo scorso il celebre storico e filologo Anton Baumstark († 1948), padre della Liturgie comparée[2], faceva notare ai suoi lettori le affinità esistenti tra lingue e liturgie. Come le lingue, le liturgie crescono, si sviluppano, si influenzano, ma anche si escludono a vicenda e, come alcune lingue, anche le liturgie muoiono[3]. Così rispetto al passato oggi disponiamo di un numero più ridotto di lingue, dialetti, parlate ed anche di liturgie. A farne le spese in una dialettica che richiama da vicino l’aforisma del “pesce grande che mangia il pesce piccolo” non sono state soltanto le tradizioni strettamente locali come, per esempio, il rito beneventano in Occidente, ma anche tradizioni tra le più venerabili d’Oriente, come il rito cattedrale di Gerusalemme, descritto verso il 380 dalla pellegrina Egeria e soppresso definitivamente nel corso del XIII secolo a favore del rito bizantino[4].
 
Padre Simon, da quanto tempo è al Pontificio Istituto Orientale? Sono arrivato qui come studente nel 1978, e insegno dal 1986; in mezzo ho anche studiato Filologia slava e balcanica a Monaco di Baviera. Da oltre 20 anni quindi insegno storia slava e storia russa; all'inizio mi avevano chiamato per insegnare storia balcanica, poi il docente di storia russa p. Krajcar si ammalò e il rettore di allora, p. Piovesana, mi chiese di sostituirlo.
 
Stefano Parenti (1959) è professore straordinario di liturgia comparata, liturgie orientali e teologia ortodossa dei sacramenti presso le facoltà di liturgia e di teologia del Pontificio Ateneo S. Anselmo (Roma). E’ membro del Board of Advisors dell’Institute of Liturgical Studies dell’Università Cattolica Ucraina a Lviv (Ucraina) e di alcuni progetti internazionali di ricerca. La sua produzione scientifica conta oltre 140 titoli pubblicati o tradotti in italiano, bulgaro, francese, greco, inglese, polacco, russo, sloveno e spagnolo. Per la Libreria Editrice Vaticana ha appena pubblicato la raccolta A Oriente e Occidente di Costantinopoli. Temi e problemi liturgici di ieri e di oggi.
 
28 gennaio 2009

Padre Farrugia, è complicato fare il Decano di Teologia?
E' un lavoro molto intenso e faticoso. Sono al mio secondo (e ultimo) mandato, e dopo quattro anni devo dire che è un incarico che richiede molta pazienza e molta coerenza: bisogna saper offrire a tutti un servizio coerente e chiaro, essere come il buon pastore e pascere tutte le pecore del gregge, proteggere i più deboli, sostenere i colleghi. Bisogna saper essere giusti, tenendo conto che tutti possiamo sbagliare, ed essere sempre equilibrati, rappresentando l'istituzione e accogliendo le persone con grande umanità.

Quindi non è un solo un freddo lavoro scientifico?
Anzi, è un lavoro pastorale di grande importanza, in cui avere cura di tante persone che vengono affidate, certamente per un lavoro accademico, ma con tante esigenze. Bisogna preparare bene i corsi, avere cura degli studenti, e ci sono tante preoccupazioni da tenere sempre presenti. Ovviamente non si può inventare o cambiare molto, ma anche in un lavoro amministrativo si cerca l'aspetto pastorale, la premura. Non si tratta solo di aumentare il numero degli studenti o il successo dei corsi, ma di stabilire un ordine complessivo, armonizzando tutte le realtà in modo democratico.