Missione fondamentale della Chiesa è di riconoscere che ogni persona ed ogni cosa sono create e chiamate ad essere "buone" e "belle".
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- Creato: 17 Gennaio 2011
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Cari fratelli e Sorelle in Cristo,
la preghiera è la sorgente e la forma più intima della vita spirituale dei cristiani.
Solamente con la preghiera si possono costruire ponti di amore, di pace e di speranza per la realizzazione della volontà di Dio, obbligando così le nostre comunità a modificare il loro comportamento nei confronti le une delle altre, ad abbracciare il metodo del dialogo e a fare uscire dai propri confini per testimoniare al mondo i propri sforzi e la loro promessa di collaborazione per l'unita dei cristiani e per la comprensione e il rispetto delle altre religioni. Abbiamo colto l'occasione di questo nostro incontro occasionale dei fratelli cattolici italiani in visita al nostro monastero per potere così dialogare. Prima di spiegare alcune particolarità della Chiesa ortodossa, il significato del canto e delle immagini con cui nell'oriente cristiano viene accompagnata la preghiera vorrei, brevemente, chiarire il punto di vista della mia Chiesa su alcune domande con le quali molti di noi, sacerdoti ortodossi, veniamo continuamente interpellati dai fratelli della chiesa sorella di Roma.
1. Quanto è veramente vissuto il lato spirituale della religione e quanto invece la religione è legata a fattori politici, economici, culturali che ne snaturano l'essenza?
2. Come vi ponete rispetto alle altre religioni? Se quello che credo per me è vero come mi regolo con chi crede qualcosa di diverso da me e che quindi dovrebbe essere "non vero"?
Bisogna dire che la maggioranza di coloro che invocano in modo polemico la religione per imporre le proprie convinzioni politiche lo fanno a scapito della religione stessa, deformandola.
È risaputo che qualsiasi professione di fede ha una dimensione non teologica.
La storia e la teologia stanno spesso faccia a faccia. In altre parole, la religione non può essere una somma di elementi completamente distaccati dal contesto storico e culturale.
È una questione di equilibrio.
Nel dialogo interreligioso noi non possiamo chiedere ad un'altra religione di rinunciare all'impronta sociale che inevitabilmente produce, ma possiamo chiedere di fare attenzione al modo in cui questo avviene. Concretamente, non possiamo chiedere all'Islam di non avere una rilevanza sociale, ma possiamo chiedere che questa rilevanza sia conforme alla liberta religiosa e ai principi di una società pluralistica.
Per quanto riguarda la seconda domanda, direi innanzitutto che il principio che qualsiasi religione ha il diritto di proclamare il carattere universale ed esclusivo entra, in una società pluralistica, quasi inevitabilmente, in conflitto con le pretese visioni simili di altre religioni o anche confessioni della stessa religione.
È il motivo per cui gli stati moderni sono costituiti sulla neutralità e sulla libertà religiosa come principio fondamentale.
Con questa regolamentazione giuridica non si vuol dire che il problema sia risolto dal punto di vista religioso.
La Chiesa, genericamente parlando, non può essere obbligata a rivedere, a nome del pluralismo o dei fondamenti dello Stato di diritto laico, le proprie affermazioni di fede.
Quello che bisogna rivedere è la visione della propria universalità e unicità che non deve essere promossa, come nel passato, attraverso la forza ma con argomenti apologetici. Cioè, la coscienza di essere nel possesso della verità unica e ultima della fede non bisogna mai tradurla in desiderio di sterminio di coloro che credono diversamente, come avviene in questi giorni in India e in alcuni paesi musulmani.
Direi che il cristianesimo ha imparato qualcosa da una storia non lontana e violenta.
Penso alla pace westfalica avvenuta dopo trent'anni di guerra religiosa che ha spremuto l'intera Europa, la quale, oggi, sta concedendo ai non cristiani tutti i diritti nella speranza della reciprocità.
Noi dobbiamo essere pronti per pregare per l'unita' delle sante Chiese di Dio, convinti che prima di essere ortodossi, cattolici o protestanti, siamo di Cristo. Radicati in Cristo e nel suo insegnamento, non dobbiamo temere nulla e saremo in grado di rispondere alle tante sfide della società moderna in cui siamo chiamati a vivere e operare.
Sono le Chiese, prima di qualsiasi altra istituzione, che devono dimostrare al mondo come si possono costruire ponti e come si può cooperare, divenendo segno di speranza.
Fa sorgere grande speranza il fatto che ultimamente i cristiani vogliano incontrarsi e pregare insieme sempre di più.
Penso al lavoro del Consiglio Ecumenico delle Chiese; alla prima visita dopo lo scisma di un Papa in un paese a maggioranza ortodosso, la Romania, nel 1999; penso alla commissione di dialogo ortodosso-cattolica che, dopo anni di stallo, ha ripreso i lavori l'anno scorso a Belgrado; penso alla terza assemblea ecumenica europea di Sibiu, in Romania; penso all'incontro di Stoccarda di quest'anno, penso all'ultimo recente incontro tra il Papa Benedetto e il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, il quale rivolgendosi al sinodo dei vescovi, ha detto: "il gentile invito di vostra Santità alla nostra modesta persona, è un gesto colmo di contenuto e di significato- abbiamo l'ardire di considerarlo come evento storico in se stesso. Si tratta della prima volta nella storia che ad un Patriarca ecumenico è offerta l'opportunità di rivolgersi ad un sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica romana, e così essere parte a così alto livello della vita di questa Chiesa sorella.
Parlando della nostra realtà locale, devo aggiungere che i passi intrapresi in comune, fra le nostre chiese sorelle in Grecia, negli ultimi tempi, sono veramente incoraggianti.
Dopo la famosa visita di Papa Giovanni Paolo II all'arcivescovo Christodoulos, i già buoni rapporti fra gli arcivescovi cattolici-romani e i metropoliti ortodossi, sono migliorati giorno per giorno. A mio avviso, gli esempi più significativi sono la grande amicizia di Sua Eminenza Metropolita Dorotheos di Siros, Tinos e altre isole delle Cicladi con la sua Eccellenza Reverendissima l'Arcivescovo di Candia, cattolico-romano, Monsignor Francesco Papamanolis O.F.M.Cap., e anche l'Arcivescovo Cattolico Nikolaos Printezis di Naxos, Andros, Tinos e Mikonos, dove si deve sottolineare il fatto che più del 10% della comunità è cattolico-romana, con il già nominato Metropolita Doroteos. Nella nostra isola abbiamo la realtà, alla quale già ho fatto riferimento in altre occasioni (articoli e conferenze in Italia), dell'armonica, ricca e fraterna relazione fra Sua Eminenza Metropolita Nektarios della Chiese di Grecia in Corfu, con Sua Eccellenza Reverendissima l'Arcivescovo cattolico-romano di Corfu, Zante e Cefalonia, Vicario Apostolico di Salonicco Iannis Spiteris O.F.M.Cap., professore per molti anni in diverse facoltà di Teologia in Italia e autore di tanti libri sul tema della teologia ortodossa e dell'ecumenismo.
Anche il clero cattolico locale, molto prima di Monsignor Spiteris, ancora con l'Arcivescovo Antonio Varthalitis A.A. di felice memoria, ed in modo particolare il defunto padre Angelo, precedente parroco della cattedrale cattolica di Corni, anche i frati Capuccini e le due comunità di suore cattoliche presenti a Corfu, sempre hanno avuto un serio e fraterno rapporto ecumenico, non soltanto con il Metropolita Timotheo, ma anche con la mia umile persona.
Nella situazione attuale, indipendentemente dalla relazione familiare fra l'Arcivescovo Cattolico di Corfu Monsignor Iannis Spiteris e il mio superiore, Archimandrita Eftimios Duis, i quali sono cugini di primo grado, fra i quali esiste un rapporto sincero e reale di dialogo ecumenico, che si realizza attraverso incontri frequenti. Ad esempio, Monsignor Spiteris è venuto all'ordinazione sacerdotale del nostro compagno padre Sebastianos assieme al suo molto amato e conosciuto nell'ambiente ortodosso Monsignor Protocingelo (Vicario generale) don Nikola.
Sfortunatamente, in questa occasione, non abbiamo avuto l'onore di avere fra di noi nessuno dei frati Capuccini e neanche il Dean della Cattedrale cattolica di Corfù, molto conosciuto e stimato in tutta la nostra comunità, don Mario, i quali erano impegnati in altre attività pastorali. Devo sottolineare anche che il Metropolita Doroteos, del quale abbiamo parlato prima, ha fatto visita, e se trova in ottimo rapporto con i molto reverendi padri Dominicani del santuario di San Nicola a Bari e anche all'Arcivescovo di Bari, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Cacucci.
L'ultima edizione della rivista "Bollettino di San Nicola", pubblicata a Bari dai carissimi confratelli Dominicani, contiene un articolo riguardante la visita del Mitropolita Doroteos al reverendissimo Padre Priore Damiano Bova a pag. 29, con il tanto conosciuto in Grecia per la sua attività ecumenica anche da noi, padre Scognamiglio, Rosario O.P. nella pagina dopo. P. Rosario come tutti i padri domenicani del Santuario e del Istituto Teologico ecumenico, non da oggi, da sempre hanno respirato con ambedue i polmoni, quello di oriente e quello di occidente e sempre hanno accolto gli ortodossi in egual misura dei confratelli cattolico-romani, senza fare nessuna differenza, mai e in nessun caso. Questo e sempre l'aria che se respira fra di loro accoglienza e vero amore per la causa tanto grata al Signore della Unità.
Devo anche aggiungere che tutto questo dialogo ecumenico in Grecia è in sinergia con l'operato nel segretariato per l'unione dei cristiani, presieduto dal Cardinale Kasper, con la valida collaborazione di Monsignor Eleuterio Francesco Fortino.
La stessa cosa avviene anche nella Congregazione per le Chiese Orientali, dove secondo la mia esperienza personale, dalla calda accoglienza ricevuta in passato dal Patriarca Emerito di Antiochia dei Siri Cardinale Daoud, all'attuale amministrazione con il Cardinale argentino Leonardo Sandri e l'efficientissima collaborazione di Monsignor Malvestiti Maurizio, sempre attenti a trattare i membri delle Chiese Ortodosse con lo stesso affetto, simpatia e generosità che usano nel confronto dei loro confratelli orientali uniti alla Chiesa di Roma.
Consideriamo questo come una manifestazione dello Spirito Santo che guida le nostre Chiese ad una relazione sempre più stretta e profonda fra noi, un passo importante per la restaurazione della nostra piena comunione. Un segno di speranza è anche il fatto, inimmaginabile fino a qualche anno fa, che, io, sacerdote, ortodosso, possa parlare nelle vostre chiese cattoliche e collaborare con le vostre pubblicazioni specializzate nel dialogo ecumenico fra le nostre due chiese sorelle.
Mi viene spesso chiesto cosa abbiamo noi ortodossi di specifico, qual è la visibilità della Chiesa ortodossa.
Tradizionalmente la visibilità della Chiesa ortodossa è data dal culto e si identifica, come nella fede, con il cristianesimo originale. Paul Evdokimov, grande teologo ortodosso del XX sec., diceva che "l'Ortodossia è la forma meno normativa del cristianesimo, la meno traducibile in concetti".
Lui ritiene secondari gli aspetti formali dell'ecclesiologia, poiché si vive per la Chiesa senza necessità di definirla.
La Chiesa ortodossa sarebbe costituita dalla spiritualità, dalla liturgia, non dalla teologia, che esisterebbe in quanto utile per dare canone e poesia alla liturgia.
Per fare un esempio, nella celebrazione ortodossa non può mancare il coro. II canto della Chiesa ortodossa non ha l'accompagnamento strumentale. II canto del coro è, in un certo senso, una scuola spirituale per l'uomo, il quale sottopone la sua voce all'armonia del coro. Così l'uomo impara quell'armonica coordinazione del suo mondo spirituale con quello delle altre persone e, più in generale, con tutto l'universo creato da Dio secondo regole armoniche.
La parte musicale della celebrazione, come tutte le altre, ha non soltanto un significato estetico, bensì un suo senso profondo che aiuta a capire più intensamente l'essenza della fede ortodossa. Le parole, la melodia sono legate una con l'altra in una maniera molto stretta ed è per questo che i Padri della Chiesa insegnavano: "che la tua voce canti, e che la tua mente diligentemente rifletta sul canto".
II contenuto dei canti della Chiesa dovrebbe corrispondere strettamente alla dogmatica, ai fondamenti della fede. I canti giocano lo stesso ruolo della pittura nel tempio: spiegano, insegnano la verità e la bellezza della fede cristiana.
Coloro che visitano le chiese ortodosse sono spesso colpiti dalla presenza delle icone, dalla loro luce e dal particolare calore e intimità del celeste. Infatti, anche fuori delle ufficiature, ogni muro è animato dalla presenza di cui testimoniano le icone e che mettono l'uomo in comunione con i suoi predecessori: angeli, profeti, apostoli, martiri e santi. Sempre nella cupola delle chiese, nel posto più alto viene rappresentato il Cristo Pantocrator (Onnipotente, Colui che sostiene tutto), volendo così affermare l'unità del mondo sostenuta da Cristo, come centro e finalità nello stesso tempo. Le icone sono un ricordo visibile della nostra vocazione celeste; sono un invito ad innalzarsi al disopra delle nostre preoccupazioni meschine e dei nostri servili modi riduttivi del mondo.
Ci incoraggiano a ricercare lo straordinario proprio nell'ordinario, ad essere ripieni della medesima meraviglia che caratterizzò il divino stupore nella Genesi: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (Genesi 1,30-31).
La parola greca (dei LXX) per "bontà", è " Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE καλος", che implica - etimologicamente e simbolicamente - un senso di "chiamare".
Le icone sottolineano che la missione fondamentale della Chiesa è di riconoscere che ogni persona ed ogni cosa sono create e chiamate ad essere "buone" e "belle".
Con questa convinzione preghiamo anche noi invocando lo Spirito Santo perché ci rafforzi e aiuti ad agire come le vergini sapienti del Vangelo per poter tenere sempre accese le nostre lampade e non cadere nell'errore di pensare che, una volta accesa la lampada, tutto vada automaticamente senza fatica. Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo vigilare! Dobbiamo mettere continuamente olio nella nostra lampada, dobbiamo rinnovare continuamente il nostro sì al Signore nella diversità delle situazioni che compongono la vita.
Concludo nella speranza che l'olio che abbiamo portato fino adesso, nel dialogo intrapreso fra le nostre due chiese, terrà per molto tempo accese le due lampade.
Archimandrita Makarios
Sacro Monastero della Vergine di Paleokastritsa
CORFU’ (GRECIA)
la preghiera è la sorgente e la forma più intima della vita spirituale dei cristiani.
Solamente con la preghiera si possono costruire ponti di amore, di pace e di speranza per la realizzazione della volontà di Dio, obbligando così le nostre comunità a modificare il loro comportamento nei confronti le une delle altre, ad abbracciare il metodo del dialogo e a fare uscire dai propri confini per testimoniare al mondo i propri sforzi e la loro promessa di collaborazione per l'unita dei cristiani e per la comprensione e il rispetto delle altre religioni. Abbiamo colto l'occasione di questo nostro incontro occasionale dei fratelli cattolici italiani in visita al nostro monastero per potere così dialogare. Prima di spiegare alcune particolarità della Chiesa ortodossa, il significato del canto e delle immagini con cui nell'oriente cristiano viene accompagnata la preghiera vorrei, brevemente, chiarire il punto di vista della mia Chiesa su alcune domande con le quali molti di noi, sacerdoti ortodossi, veniamo continuamente interpellati dai fratelli della chiesa sorella di Roma.
1. Quanto è veramente vissuto il lato spirituale della religione e quanto invece la religione è legata a fattori politici, economici, culturali che ne snaturano l'essenza?
2. Come vi ponete rispetto alle altre religioni? Se quello che credo per me è vero come mi regolo con chi crede qualcosa di diverso da me e che quindi dovrebbe essere "non vero"?
Bisogna dire che la maggioranza di coloro che invocano in modo polemico la religione per imporre le proprie convinzioni politiche lo fanno a scapito della religione stessa, deformandola.
È risaputo che qualsiasi professione di fede ha una dimensione non teologica.
La storia e la teologia stanno spesso faccia a faccia. In altre parole, la religione non può essere una somma di elementi completamente distaccati dal contesto storico e culturale.
È una questione di equilibrio.
Nel dialogo interreligioso noi non possiamo chiedere ad un'altra religione di rinunciare all'impronta sociale che inevitabilmente produce, ma possiamo chiedere di fare attenzione al modo in cui questo avviene. Concretamente, non possiamo chiedere all'Islam di non avere una rilevanza sociale, ma possiamo chiedere che questa rilevanza sia conforme alla liberta religiosa e ai principi di una società pluralistica.
Per quanto riguarda la seconda domanda, direi innanzitutto che il principio che qualsiasi religione ha il diritto di proclamare il carattere universale ed esclusivo entra, in una società pluralistica, quasi inevitabilmente, in conflitto con le pretese visioni simili di altre religioni o anche confessioni della stessa religione.
È il motivo per cui gli stati moderni sono costituiti sulla neutralità e sulla libertà religiosa come principio fondamentale.
Con questa regolamentazione giuridica non si vuol dire che il problema sia risolto dal punto di vista religioso.
La Chiesa, genericamente parlando, non può essere obbligata a rivedere, a nome del pluralismo o dei fondamenti dello Stato di diritto laico, le proprie affermazioni di fede.
Quello che bisogna rivedere è la visione della propria universalità e unicità che non deve essere promossa, come nel passato, attraverso la forza ma con argomenti apologetici. Cioè, la coscienza di essere nel possesso della verità unica e ultima della fede non bisogna mai tradurla in desiderio di sterminio di coloro che credono diversamente, come avviene in questi giorni in India e in alcuni paesi musulmani.
Direi che il cristianesimo ha imparato qualcosa da una storia non lontana e violenta.
Penso alla pace westfalica avvenuta dopo trent'anni di guerra religiosa che ha spremuto l'intera Europa, la quale, oggi, sta concedendo ai non cristiani tutti i diritti nella speranza della reciprocità.
Noi dobbiamo essere pronti per pregare per l'unita' delle sante Chiese di Dio, convinti che prima di essere ortodossi, cattolici o protestanti, siamo di Cristo. Radicati in Cristo e nel suo insegnamento, non dobbiamo temere nulla e saremo in grado di rispondere alle tante sfide della società moderna in cui siamo chiamati a vivere e operare.
Sono le Chiese, prima di qualsiasi altra istituzione, che devono dimostrare al mondo come si possono costruire ponti e come si può cooperare, divenendo segno di speranza.
Fa sorgere grande speranza il fatto che ultimamente i cristiani vogliano incontrarsi e pregare insieme sempre di più.
Penso al lavoro del Consiglio Ecumenico delle Chiese; alla prima visita dopo lo scisma di un Papa in un paese a maggioranza ortodosso, la Romania, nel 1999; penso alla commissione di dialogo ortodosso-cattolica che, dopo anni di stallo, ha ripreso i lavori l'anno scorso a Belgrado; penso alla terza assemblea ecumenica europea di Sibiu, in Romania; penso all'incontro di Stoccarda di quest'anno, penso all'ultimo recente incontro tra il Papa Benedetto e il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, il quale rivolgendosi al sinodo dei vescovi, ha detto: "il gentile invito di vostra Santità alla nostra modesta persona, è un gesto colmo di contenuto e di significato- abbiamo l'ardire di considerarlo come evento storico in se stesso. Si tratta della prima volta nella storia che ad un Patriarca ecumenico è offerta l'opportunità di rivolgersi ad un sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica romana, e così essere parte a così alto livello della vita di questa Chiesa sorella.
Parlando della nostra realtà locale, devo aggiungere che i passi intrapresi in comune, fra le nostre chiese sorelle in Grecia, negli ultimi tempi, sono veramente incoraggianti.
Dopo la famosa visita di Papa Giovanni Paolo II all'arcivescovo Christodoulos, i già buoni rapporti fra gli arcivescovi cattolici-romani e i metropoliti ortodossi, sono migliorati giorno per giorno. A mio avviso, gli esempi più significativi sono la grande amicizia di Sua Eminenza Metropolita Dorotheos di Siros, Tinos e altre isole delle Cicladi con la sua Eccellenza Reverendissima l'Arcivescovo di Candia, cattolico-romano, Monsignor Francesco Papamanolis O.F.M.Cap., e anche l'Arcivescovo Cattolico Nikolaos Printezis di Naxos, Andros, Tinos e Mikonos, dove si deve sottolineare il fatto che più del 10% della comunità è cattolico-romana, con il già nominato Metropolita Doroteos. Nella nostra isola abbiamo la realtà, alla quale già ho fatto riferimento in altre occasioni (articoli e conferenze in Italia), dell'armonica, ricca e fraterna relazione fra Sua Eminenza Metropolita Nektarios della Chiese di Grecia in Corfu, con Sua Eccellenza Reverendissima l'Arcivescovo cattolico-romano di Corfu, Zante e Cefalonia, Vicario Apostolico di Salonicco Iannis Spiteris O.F.M.Cap., professore per molti anni in diverse facoltà di Teologia in Italia e autore di tanti libri sul tema della teologia ortodossa e dell'ecumenismo.
Anche il clero cattolico locale, molto prima di Monsignor Spiteris, ancora con l'Arcivescovo Antonio Varthalitis A.A. di felice memoria, ed in modo particolare il defunto padre Angelo, precedente parroco della cattedrale cattolica di Corni, anche i frati Capuccini e le due comunità di suore cattoliche presenti a Corfu, sempre hanno avuto un serio e fraterno rapporto ecumenico, non soltanto con il Metropolita Timotheo, ma anche con la mia umile persona.
Nella situazione attuale, indipendentemente dalla relazione familiare fra l'Arcivescovo Cattolico di Corfu Monsignor Iannis Spiteris e il mio superiore, Archimandrita Eftimios Duis, i quali sono cugini di primo grado, fra i quali esiste un rapporto sincero e reale di dialogo ecumenico, che si realizza attraverso incontri frequenti. Ad esempio, Monsignor Spiteris è venuto all'ordinazione sacerdotale del nostro compagno padre Sebastianos assieme al suo molto amato e conosciuto nell'ambiente ortodosso Monsignor Protocingelo (Vicario generale) don Nikola.
Sfortunatamente, in questa occasione, non abbiamo avuto l'onore di avere fra di noi nessuno dei frati Capuccini e neanche il Dean della Cattedrale cattolica di Corfù, molto conosciuto e stimato in tutta la nostra comunità, don Mario, i quali erano impegnati in altre attività pastorali. Devo sottolineare anche che il Metropolita Doroteos, del quale abbiamo parlato prima, ha fatto visita, e se trova in ottimo rapporto con i molto reverendi padri Dominicani del santuario di San Nicola a Bari e anche all'Arcivescovo di Bari, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Cacucci.
L'ultima edizione della rivista "Bollettino di San Nicola", pubblicata a Bari dai carissimi confratelli Dominicani, contiene un articolo riguardante la visita del Mitropolita Doroteos al reverendissimo Padre Priore Damiano Bova a pag. 29, con il tanto conosciuto in Grecia per la sua attività ecumenica anche da noi, padre Scognamiglio, Rosario O.P. nella pagina dopo. P. Rosario come tutti i padri domenicani del Santuario e del Istituto Teologico ecumenico, non da oggi, da sempre hanno respirato con ambedue i polmoni, quello di oriente e quello di occidente e sempre hanno accolto gli ortodossi in egual misura dei confratelli cattolico-romani, senza fare nessuna differenza, mai e in nessun caso. Questo e sempre l'aria che se respira fra di loro accoglienza e vero amore per la causa tanto grata al Signore della Unità.
Devo anche aggiungere che tutto questo dialogo ecumenico in Grecia è in sinergia con l'operato nel segretariato per l'unione dei cristiani, presieduto dal Cardinale Kasper, con la valida collaborazione di Monsignor Eleuterio Francesco Fortino.
La stessa cosa avviene anche nella Congregazione per le Chiese Orientali, dove secondo la mia esperienza personale, dalla calda accoglienza ricevuta in passato dal Patriarca Emerito di Antiochia dei Siri Cardinale Daoud, all'attuale amministrazione con il Cardinale argentino Leonardo Sandri e l'efficientissima collaborazione di Monsignor Malvestiti Maurizio, sempre attenti a trattare i membri delle Chiese Ortodosse con lo stesso affetto, simpatia e generosità che usano nel confronto dei loro confratelli orientali uniti alla Chiesa di Roma.
Consideriamo questo come una manifestazione dello Spirito Santo che guida le nostre Chiese ad una relazione sempre più stretta e profonda fra noi, un passo importante per la restaurazione della nostra piena comunione. Un segno di speranza è anche il fatto, inimmaginabile fino a qualche anno fa, che, io, sacerdote, ortodosso, possa parlare nelle vostre chiese cattoliche e collaborare con le vostre pubblicazioni specializzate nel dialogo ecumenico fra le nostre due chiese sorelle.
Mi viene spesso chiesto cosa abbiamo noi ortodossi di specifico, qual è la visibilità della Chiesa ortodossa.
Tradizionalmente la visibilità della Chiesa ortodossa è data dal culto e si identifica, come nella fede, con il cristianesimo originale. Paul Evdokimov, grande teologo ortodosso del XX sec., diceva che "l'Ortodossia è la forma meno normativa del cristianesimo, la meno traducibile in concetti".
Lui ritiene secondari gli aspetti formali dell'ecclesiologia, poiché si vive per la Chiesa senza necessità di definirla.
La Chiesa ortodossa sarebbe costituita dalla spiritualità, dalla liturgia, non dalla teologia, che esisterebbe in quanto utile per dare canone e poesia alla liturgia.
Per fare un esempio, nella celebrazione ortodossa non può mancare il coro. II canto della Chiesa ortodossa non ha l'accompagnamento strumentale. II canto del coro è, in un certo senso, una scuola spirituale per l'uomo, il quale sottopone la sua voce all'armonia del coro. Così l'uomo impara quell'armonica coordinazione del suo mondo spirituale con quello delle altre persone e, più in generale, con tutto l'universo creato da Dio secondo regole armoniche.
La parte musicale della celebrazione, come tutte le altre, ha non soltanto un significato estetico, bensì un suo senso profondo che aiuta a capire più intensamente l'essenza della fede ortodossa. Le parole, la melodia sono legate una con l'altra in una maniera molto stretta ed è per questo che i Padri della Chiesa insegnavano: "che la tua voce canti, e che la tua mente diligentemente rifletta sul canto".
II contenuto dei canti della Chiesa dovrebbe corrispondere strettamente alla dogmatica, ai fondamenti della fede. I canti giocano lo stesso ruolo della pittura nel tempio: spiegano, insegnano la verità e la bellezza della fede cristiana.
Coloro che visitano le chiese ortodosse sono spesso colpiti dalla presenza delle icone, dalla loro luce e dal particolare calore e intimità del celeste. Infatti, anche fuori delle ufficiature, ogni muro è animato dalla presenza di cui testimoniano le icone e che mettono l'uomo in comunione con i suoi predecessori: angeli, profeti, apostoli, martiri e santi. Sempre nella cupola delle chiese, nel posto più alto viene rappresentato il Cristo Pantocrator (Onnipotente, Colui che sostiene tutto), volendo così affermare l'unità del mondo sostenuta da Cristo, come centro e finalità nello stesso tempo. Le icone sono un ricordo visibile della nostra vocazione celeste; sono un invito ad innalzarsi al disopra delle nostre preoccupazioni meschine e dei nostri servili modi riduttivi del mondo.
Ci incoraggiano a ricercare lo straordinario proprio nell'ordinario, ad essere ripieni della medesima meraviglia che caratterizzò il divino stupore nella Genesi: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (Genesi 1,30-31).
La parola greca (dei LXX) per "bontà", è " Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE καλος", che implica - etimologicamente e simbolicamente - un senso di "chiamare".
Le icone sottolineano che la missione fondamentale della Chiesa è di riconoscere che ogni persona ed ogni cosa sono create e chiamate ad essere "buone" e "belle".
Con questa convinzione preghiamo anche noi invocando lo Spirito Santo perché ci rafforzi e aiuti ad agire come le vergini sapienti del Vangelo per poter tenere sempre accese le nostre lampade e non cadere nell'errore di pensare che, una volta accesa la lampada, tutto vada automaticamente senza fatica. Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo vigilare! Dobbiamo mettere continuamente olio nella nostra lampada, dobbiamo rinnovare continuamente il nostro sì al Signore nella diversità delle situazioni che compongono la vita.
Concludo nella speranza che l'olio che abbiamo portato fino adesso, nel dialogo intrapreso fra le nostre due chiese, terrà per molto tempo accese le due lampade.
Archimandrita Makarios
Sacro Monastero della Vergine di Paleokastritsa
CORFU’ (GRECIA)