Gli uni e gli altri · Il dialogo ebraico-cristiano nel libro di Piero Stefani ·

sacrificio abramo isaccoUna ricerca teologica, come viene indicato dal sottotitolo dell’ultima pubblicazione di Piero Stefani “Gli uni e gli altri”. La Chiesa, Israele e le genti. Una ricerca teologica (Bologna, Edizioni Dehoniane, 2017, pagine 295, euro 26.50) che sintetizza, analizza ed espone con chiarezza e acribia fondata,

il rapporto fra Israele, le genti e la chiesa.
Il titolo “Gli uni e gli altri” è tratto dalla Lettera agli Efesini (2,17-18): «Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci gli uni e altri, al Padre in un solo Spirito».
Delucida l’autore: «“Gli uni e gli altri” sono i chiamati da Israele e dalle genti. Nella riflessione su questa duplicità di origine ricondotta all’unità di un solo Spirito si trova il cuore della presente ricerca teologica». 

La dinamica della ricca esposizione, costantemente ritmata da rimandi a un’estesa, si oserebbe dire quasi esaustiva, bibliografia si snoda in otto capitoli, prendendo le mosse da Un libro e una storia, ripercorrendo gli acuti problemi sollevatesi nel corso dei secoli di esistenza della Chiesa.
Fin dai primordi della riflessione teologica, dal Dialogo con Trifone di Giustino al Vaticano ii e all’attuale dialogo ebraico-cristiano, si è andata sviluppando la teologia della sostituzione: «La sua capacità di sussistere sta nel fatto di addomesticare il messaggio originario al fine di far sì che la comunità dei credenti in Gesù Cristo abiti il tempo storico all’insegna del mantenimento di una sua presunta identità. In questo senso essa, al di là del rigetto ufficiale, appare lungi dall’essere tramontata».
La chiarezza delle risposte consegnate al quarto capitolo — Ebrei e gentili nella chiesa delle origini — costituisce una gettata che consente di impostare i dati del problema del loro rapporto e li tiene costantemente presenti in tutta la lunga disamina. «Da sempre da parte cristiana ci si è resi conto, in modo più o meno chiaro, che, letto in chiave teologica, il rapporto tra il popolo ebraico e le genti è strettamente legato all’elezione d’Israele. Tuttavia questo tema è stato spesso affrontato in una prospettiva inadeguata, per non dire fuorviante».
Stefani entra nel vivo della questione e presenta le coordinate per ricollocare, oggi, il rapporto.
Se si considera Gesù e la sua ebraicità si esprime solo in maniera riduttiva e impropria la reale portata della questione». Chi rifletta teologicamente o, semplicemente, chi voglia vivere la propria testimonianza cristiana deve essere aiutato a «individuare le vie lungo le quali si possa credere, a un tempo, a Gesù Cristo nostro Signore e al Dio di Abramo, al Dio di Isacco e al Dio di Giacobbe, recependole come forme di espressione dell’evangelo ebraico o, forse, in modo più confacente, degli “evangeli ebraici”».
Stefani con limpidezza torna e ritorna sulla distinzione dei piani che non vuole confondere e che considera «non soltanto distinti ma anche qualitativamente diversi»: il Gesù celebrato; il Gesù ebreo in quanto Gesù storico; il ruolo da affidare al riferimento a Gesù nell’ambito del dialogo ebraico-cristiano.
Nel tracciare il contesto di festa, sabato per gli ebrei e domenica per i cristiani, differenze e analogie, vicinanze e lontananze vengono alla luce, l’autore non cade nella trappola della trasposizione ma disegna confini e territori propri. «In effetti, trovare riposo in Dio (o in Gesù) è il modo per eccellenza per vivere cristianamente il sabato. Ciò vale sia se si è ebrei sia se si è gentili, e può aver luogo tutti i giorni, non solo nel settimo, specie quando il credente vive nell’attesa dell’ultimo, definitivo giorno».
La conclusione cambia registro e si presenta come una narrazione che toccherà a chi legge di comprendere nella simbologia proposta.
In appendice Stefani cita integralmente il documento elaborato nel 2013 dal Gruppo Interconfessionale Teshuvah di Milano: Chiesa e Israele. Punti fermi ed interrogativi aperti. L’arcata della serrata indagine nel mentre si chiude, paradossalmente, si apre ed esige riflessione, ponderazione e documentazione da parte di chi voglia comprendere.

di Cristiana Dobner


©    © Osservatore Romano  22.9.2017