Osservatore Romano - Confronto sulla questione ucraina

kirill benedizione fill 333x112MOSCA, 5. Nei giorni scorsi il patriarca di Mosca, Cirillo, ha inviato lettere ai primati di tutte le Chiese ortodosse locali proponendo di avviare una discussione pan-ortodossa sulla questione dell’autocefalia in Ucraina.
Secondo quanto riferiscono, tra gli altri, Interfax-Religion e Religious information service of Ukraine, il vice capo del Dipartimento sinodale per le relazioni esterne della Chiesa ortodossa russa, arciprete Nikolay Balashov, ha comunicato che nel testo si spiegano la posizione al riguardo del patriarcato di Mosca e «le possibili gravi conseguenze che le azioni unilaterali del patriarcato di Costantinopoli potrebbero portare all’unità dell’ortodossia universale». Nello spirito della dichiarazione del sinodo riunitosi il 14 settembre scorso, Cirillo suggerisce di «fare tutto il possibile per iniziare un confronto pan-ortodosso su questo tema». A esprimere la necessità di un incontro generale per approfondire la situazione in Ucraina sono anche il patriarca di Serbia, Irinej, e il metropolita di Varsavia e di tutta la Polonia, Sava, che in questi giorni hanno scritto a Bartolomeo. Com’è noto, il 7 settembre il patriarcato ecumenico ha nominato come suoi esarchi a Kiev l’arcivescovo Daniel di Pamphilon (Stati Uniti) e il vescovo Ilarion di Edmonton (Canada), «nell’ambito dei preparativi per la concessione dell’auto cefalia alla Chiesa ortodossa in Ucraina». Il patriarcato di Mosca ha subito definito questa iniziativa “un’invasione” del proprio territorio canonico e, il 14 settembre, durante un sinodo straordinario, ha deciso di non menzionare più il patriarca Bartolomeo durante le divine liturgie e di cessare la partecipazione a cerimonie ed eventi che vedessero presenti suoi rappresentanti, minacciando, nel futuro, di rompere la comunione eucaristica con Costantinopoli, accusata di appoggiare le pretese di Filarete, eletto “patriarca di Kiev” nel 1995 ma considerato da sempre uno scismatico dalla comunità ortodossa mondiale. Quest’ultima non riconosce né il cosiddetto patriarcato di Kiev né l’autopro clamatasi (nel 1991) Chiesa ortodossa autocefala ucraina guidata dal metropolita Macarius. Dal canto suo il metropolita di Kiev, Onufryi, a capo della Chiesa ortodossa ucraina fedele a Mosca, si è rifiutato di ricevere i due esarchi inviati da Bartolomeo perché venuti senza la sua benedizione. I due esarchi, il 17 settembre, hanno invece avuto un incontro con il presidente della repubblica ucraina, Petro Poroshenko, confermando che il processo di concessione dell’autocefalia è ormai cosa fatta. Posizione ribadita dallo stesso Bartolomeo il 23 settembre, quando ha dichiarato che la Chiesa ortodossa in Ucraina avrebbe ricevuto lo stato di autocefalia «nel futuro prossimo», nonostante gli ostacoli esistenti, e questo perché (quella Chiesa) ne ha diritto. Il 26 settembre, infine, il sinodo presieduto da Onufryi ha definito la nomina degli esarchi del patriarcato ecumenico «una grave interferenza negli affari interni della Chiesa ortodossa ucraina e un’invasione del proprio territorio canonico», chiedendo a Bartolomeo di ritirarli. Secondo alcuni osservatori, la concessione dell’autocefalia verrà annunciata ufficialmente fra pochi giorni, durante i lavori del sinodo del patriarcato di Costantinopoli in programma dal 9 all’11 ottobre. Mercoledì scorso, durante una cerimonia per il cinquantesimo anniversario di fondazione dell’Accademia ortodossa di Creta, Bartolomeo ha ricordato che «la responsabilità del patriarcato ecumenico è di mettere le cose nel corretto ordine ecclesiastico e canonico»; esso «è il solo che ha il privilegio canonico, l’auspicio e la benedizione della Chiesa e dei concili ecumenici di adempiere quest’obbligo in quanto madre amorevole e prima Chiesa». Davanti al presidente della repubblica greca, al patriarca di Gerusalemme, agli arcivescovi di Cipro e di Albania e a rappresentanti delle Chiese ortodosse di Romania e Polonia, Bartolomeo ha spiegato che «se il patriarcato ecumenico rinunciasse alle sue responsabilità, allontanandosi dalla scena interortodossa, le Chiese locali camminerebbero come pecore senza pastore, si esaurirebbero in iniziative ecclesiastiche che confondono l’umiltà della fede con l’arroganza del potere. Questo è il ruolo di coordinamento del patriarcato ecumenico in seno alla famiglia pan-ortodossa»; esso «è necessario perché l’ortodossia non deve diventare una famiglia in disordine». Ha poi concluso dicendo che «gli scismi, la ricerca dei propri interessi, i tentativi tesi a cogliere vane opportunità e a esercitare la cosiddetta “politica delle relazioni”, non hanno posto nella Chiesa».

© Osservatore Romano - 6 ottobre 2018