Gli “esseni” di Gerusalemme

fra gerus e60577b703d19e54d9c62e2de21fe2f6 1Una vita dedicata all’amore per la Parola di Dio quella dei docenti dello Studium Biblicum Franciscanum

Gerusalemme, ottobre 2019. Tra l’ammirato e lo scherzoso i confratelli francescani li chiamano gli “esseni”, a indicare la dedizione assoluta, e per certi versi mistica, a una

vita interamente dedicata allo studio e all’amore per la Parola di Dio. Sono i professori e ricercatori dello Studium Biblicum Franciscanum (Sbf) di Gerusalemme, un pugno di appassionati studiosi delle Scritture e dell’ambiente in cui si è fondata la Rivelazione.

«La presenza dei cattolici in Terra Santa — esordisce padre Giovanni Claudio Bottini, 71 anni, dei quali quarantadue vissuti a Gerusalemme — non è solo pellegrinaggi e liturgia, ma anche e soprattutto studio, ricerca e confronto. Anzi, direi che ciò che maggiormente qualifica la presenza dei cattolici latini in Terra Santa rispetto alle altre confessioni cristiane è proprio questa intensa e apprezzata attività di ricerca e di studio delle fonti». Bottini, per molti anni decano dell’Sbf e ora emerito, parla con malcelato orgoglio di questa piccola ma prestigiosa enclave di sapienza biblica nella Custodia di Terra Santa. Una scuola che nei suoi oltre cento anni di storia ha prodotto una schiera di grandi studiosi specialistici come Bellarmino Bagatti, l’assirologo Daniele Lancellotti, gli archeologi Virgilio Corbo e Michele Piccirillo, fino alla generazione attuale di Frédéric Manns, Eugenio Alliata e Giovanni Claudio Bottini, solo per citarne alcuni.

Una storia iniziata nel 1924 presso il convento della Flagellazione a Gerusalemme (ma corsi di geografia biblica, esegesi, lingue bibliche e archeologia erano già svolti da inizio secolo presso la sede custodiale di San Salvatore). Nel 1933 fu avviata la prima campagna di scavi sul monte Nebo, ma il vero impulso all’istituto avvenne dopo la seconda guerra mondiale. Già nel 1941 erano iniziate a uscire le prime pubblicazioni dei professori dello Studium Biblicum Franciscanum con una guida di Terra Santa e un atlante storico geografico della Palestina. Bisognerà attendere altri dieci anni perché, nel 1951, prendesse vita anche la rivista «Liber Annuus».

«Quando — racconta ancora padre Bottini — arrivai qui alla fine degli anni ’70, lo Studium Biblicum viveva una stagione di grande slancio, con personaggi di un’erudizione sconfinata, i cui frutti vivono ancora oggi. Fin da allora emerse quello che poi si è definito il vero plus dell’istituto, cioè il contatto profondo e prolungato con l’ambiente biblico, il respirare l’aria di Gerusalemme e l’aria del deserto. Questo non solo in conseguenza della nostra caratterizzazione specifica sull’archeologia, ma anche dal punto di vista delle relazioni umane e scientifiche tanto con i cristiani di Terra Santa quanto con l’ambiente ebraico».

L’École Biblique, fondata una quindicina di anni prima dell’Sbf dal padre domenicano Marie Joseph Lagrange, ha piuttosto sviluppato una grande esperienza e capacità di ricerca sul campo esegetico, i cui frutti sono espressi dalla pubblicazione della rivista specialistica «Revue Biblique» ed è nota per la divulgazione a una più ampia platea delle numerose riedizioni della Bibbia di Gerusalemme disponibile in molte lingue tra cui l’italiano (nella traduzione Cei del 2009). Le diverse versatilità dei due istituti — linguistica ed esegetica per l’École Biblique, archeologica e di contatto con i luoghi santi per lo Studium Biblicum Franciscanum — rendono possibile collaborazioni e sinergie positive. Mentre la prima offre soltanto l’accesso al terzo ciclo accademico del dottorato, il secondo prevede, oltre al dottorato, il secondo ciclo della licenza in Scienze bibliche e Archeologia, che si svolge normalmente in cinque semestri, dopo il superamento degli esami propedeutici di lingua greca ed ebraica, sui quali, ammette Bottini, «siamo molto esigenti, ma comprensibilmente negli studi biblici la propedeuticità delle lingue è fatto sostanziale».

Nel corso del curriculum è possibile studiare anche l’arabo, l’aramaico, l’accadico e il siriaco; e almeno una di queste lingue supplementari deve essere seguita. Ma il vero punto di forza del percorso di licenza dello Studium Biblicum Franciscanum, accanto ai corsi di esegetica, ermeneutica, metodologia, teologia biblica, geografia e storia biblica, sono le ben trenta escursioni curriculari a cui gli studenti sono tenuti a partecipare in Israele, Palestina, Siria, Giordania ed Egitto. Per alcuni studenti è prevista inoltre la partecipazione a qualche campagna di scavi: «Questo, come dicevo, è il nostro punto di forza: non semplicemente “imparare” la Bibbia, ma “vivere” la Bibbia. Ogni lunedì i nostri studenti svolgono una visita su un sito specifico di Gerusalemme e ogni mese un’escursione su un sito archeologico in Terra Santa. Tutte attività che sono comprese nelle rette annuali. Inoltre i nostri studenti già al termine del primo anno del corso di licenza hanno la possibilità di accompagnare come guide gruppi di pellegrini. È uno studio comunque molto intensivo; i nostri docenti somministrano ogni quindici giorni dei test per verificare lo stato di avanzamento della conoscenza e comprensione del testo biblico. E riconosco che è anche uno studio molto selettivo; d’altronde dal dottorato all’Sbf si esce poi docenti o ricercatori. Il nostro alumnia registra un gran numero di docenti di molte università nel mondo; molte “autorità” in campo biblico hanno studiato da noi, e così anche molti vescovi. Sempre a proposito della relazione con l’ambiente circostante, dopo il primo anno c’è anche la possibilità di seguire corsi di ebraico moderno», informa il professore emerito.

Ma chi sono gli studenti dello Studium Biblicum? Sono ormai lontani gli anni in cui l’istituto rivolgeva la propria attività formativa quasi esclusivamente in favore dei frati francescani. Oggi i circa novanta studenti provengono da più di venti nazioni dei cinque continenti, molti sono già ordinati, diocesani o di altri ordini religiosi: «Negli ultimi anni abbiamo registrato un aumento di studenti provenienti da Africa, Asia ed Europa dell’est, e cominciamo ad avere anche un certo numero di laici». Studenti seguiti da sedici docenti ordinari e da un numero più alto di visiting professor provenienti da molti paesi. Ogni insegnante vanta un curriculum specialistico di prestigio; per esempio padre Bottini ha dedicato gran parte della sua vita accademica allo studio degli scritti lucani. Oppure, considerando l’ultima generazione di professori, come padre Alessandro Coniglio, emergente studioso dei salmi: «Mentre è invalsa la propensione a ricercare nel Nuovo Testamento i rimandi alla Berit veterotestamentaria, lo stile della nostra scuola è piuttosto quello di interpretare l’Antico Testamento alla luce del suo compimento nell’evento cristologico. Un’inversione di prospettiva che rivalorizza l’insieme della Scrittura», afferma.

L’istituto è fin dalla sua nascita collegato con l’ateneo Antonianum di Roma come sede distaccata per gli studi biblici, ma dal 2001, sempre nell’ambito del collegamento, ha ottenuto dalla Santa Sede l’erezione a Facoltà teologica biblica, potendo quindi emettere propri diplomi per il secondo e terzo ciclo di studi universitari. «L’alto livello specialistico e il già richiamato rapporto forte con il contesto territoriale e culturale — osserva padre Coniglio — ha consentito durante gli anni l’avvio di molte altre iniziative più di carattere divulgativo, che registrano un largo seguito, come il corso di approfondimento che ogni anno svolgiamo nella settimana dopo Pasqua (l’ultimo su «Profezia e Apocalittica») e il corso itinerante che in collaborazione con l’Università di Lugano teniamo annualmente nel mese di luglio». Queste attività extracurriculari sono tutte presentate sul sito in rete www.sbf.custodia.org. «Un punto che ci gratifica molto è il dialogo che siamo riusciti a costruire nel tempo con gli studiosi accademici e gli archeologi israeliani o di religione ebraica. I nostri studi, i nostri scavi, sono diventati nel tempo una vetrina, l’immagine legittimata della Chiesa cattolica latina di fronte a Israele», conclude.

Insomma, un piccolo ma prezioso scrigno di sapienza biblica e cristiana che è oggi un fiore all’occhiello per l’intera Chiesa e che ha potuto raggiungere questo prestigio, per dirla con Bottini, «non tanto per la pur riconosciuta grande erudizione dei suoi membri ma soprattutto per la grande passione per Gesù, la sua terra, la sua vita, la sua Parola». E gli occhi di padre GianClaudio questa passione la raccontano tutta.

di Roberto Cetera



© Osservatore Romano - 2-3 dicembre 2019